alma presenta nome proprio (Petra), un brano che prende forma da una notte di inquietudine e diventa spazio di vulnerabilità condivisa. Il singolo inaugura un percorso discografico costruito insieme a Woodworm, delineando una scrittura che trasforma il turbamento in materia sonora. La traccia nasce da un momento di rottura, da un punto in cui tutto sembra franare, e si sviluppa attraverso un’intensità che alterna fragilità e slancio, costruendo una narrazione interiore in movimento. Nome proprio (Petra) si pone così come un dialogo aperto con se stessi, dove l’emotività affiora senza filtri.
Il brano prende avvio da una melodia registrata nel cuore della notte, un appunto grezzo che diventa la base per un flusso emotivo in cui voce, ritmo ed elettronica si sovrappongono. L’andamento cresce come un’onda e conserva una tensione costante, riflettendo il senso di smarrimento e insieme il desiderio di liberazione. Nome proprio (Petra) articola un percorso in cui la tristezza non rimane un peso, ma si converte in dinamica, lasciando intravedere una forma di catarsi costruita nel tempo.
Un’identità artistica che intreccia scrittura, produzione e comunità
Il singolo si inserisce in un’evoluzione che unisce scrittura, produzione e relazioni creative. La formazione di alma si radica nella pratica della parola, maturata durante gli anni del liceo e consolidata attraverso collaborazioni nella scena torinese. L’esperienza all’interno di _reHUB e il confronto con Bianco rappresentano un passaggio che amplifica la sua direzione artistica, mentre il lavoro con Ale Bavo contribuisce a definire una cifra sonora che unisce malinconia elettronica, house e pop in un equilibrio personale.
L’apertura di uno studio di registrazione e l’attività come autore e co-produttore completano un profilo in cui la musica diventa strumento di costruzione identitaria. Questo approccio si riflette anche nei progetti paralleli: l’associazione culturale 8NOLIEU, dedicata alle connessioni tra arti contemporanee, e Luma, brand di gioielli nato da idee artistiche. Entrambe le realtà rivelano un immaginario che si muove oltre i confini disciplinari, alimentato da un’estetica che non isola la vulnerabilità ma la integra come elemento creativo.
Una sensibilità che trasforma le emozioni in movimento
Nome proprio (Petra) rappresenta il punto di avvio di un percorso che utilizza l’emotività come forza cinetica. La voce diventa corpo sonoro, il ritmo si fa spazio di elaborazione, e la confusione iniziale si traduce in un linguaggio che unisce fragilità e impulso. Il singolo introduce così una prospettiva che privilegia la complessità emotiva, aprendo un orizzonte in cui la fine diventa energia e la vulnerabilità assume un ruolo centrale.

