Distruggere Tutto è il nuovo singolo di Riccardo Inge, che torna con un brano più maturo, istintivo e vulnerabile. Dopo un periodo segnato da scelte difficili, perdite e una lunga lotta con il proprio senso di identità, l’artista milanese apre una finestra diretta sulla propria rinascita emotiva. Il brano è una confessione che graffia e libera, un’esplosione di consapevolezza che non cerca di edulcorare nulla: racconta la fatica di guardarsi allo specchio, il rischio di perdere tutto e la forza – a volte disperata – di ricominciare.
Nel suo pop carico di tensione emotiva e immagini cinematografiche, Riccardo alterna battiti accelerati, sussurri e aperture potenti, costruendo un’atmosfera in cui il caos diventa attraversabile e la fragilità diventa parola. Lo abbiamo intervistato
Distruggere tutto è un titolo che lascia immaginare una rottura forte, quasi liberatoria. Qual è stata la scintilla emotiva o personale che ti ha portato a scrivere questo pezzo?
Negli ultimi due anni la mia vita è stata una tempesta in cui ho perso molto, a volte per errori che mi porto ancora dentro, a volte senza aver voce in capitolo. Mi sono ritrovato a terra, intrappolato in un circolo vizioso di autosabotaggio, ferendo me stesso e anche chi mi voleva davvero bene.
Poi, nel buio più totale, ho deciso che era tempo di rimettere insieme i pezzi: dovevo tornare a sorridere, ma prima serviva fare pace con me stesso. Distruggere tutto è stata la mia rivoluzione personale, una resa dei conti cruda e dolorosa. Senza questa liberazione, non avrei mai potuto scrivere il capitolo nuovo che oggi ho il coraggio di vivere.
Nel brano sembra emergere un conflitto tra il desiderio di azzerare tutto e quello di trovare un nuovo equilibrio. Che tipo di fragilità o di forza volevi raccontare?
Ho vissuto giornate in cui anche solo alzarmi dal letto era una battaglia persa in partenza: cercavo delle risposte nel soffitto, ma non arrivavano mai. La verità è che, anche se desideri qualcuno che ti salvi, alla fine rimani solo con te stesso. Per me la vera forza è stata riconoscere le mie fragilità, smettere di nasconderle. Ho mentito, creato mondi illusori, gettato maschere che diventavano pesanti.
La svolta è arrivata quando ho ricominciato ad aggrapparmi alle piccole cose belle: la musica, mio figlio, attimi apparentemente insignificanti che mi insegnano ancora oggi a vedere la bellezza anche nella semplicità. Ed è una crescita che continua, ogni giorno.
Dal punto di vista sonoro, quali influenze o scelte produttive hanno contribuito a costruire l’atmosfera di Distruggere tutto?
Volevo un ritmo che fosse come un battito cardiaco impazzito, soprattutto sulle strofe: doveva sembrare un flusso di coscienza che non si ferma mai, fino all’esplosione del ritornello, quasi a evocare una scena epica cinematografica fatta di dubbi e rinascite. Ho abbracciato le sonorità pop più attuali, ma senza dimenticare la voglia di fare “male” con parole e voce, alternando momenti quasi sussurrati ad altri carichi di tensione e graffio. Il risultato è un brano che vuole coinvolgere e scuotere l’ascoltatore, portarlo dentro il mio vortice emotivo senza filtri.
Il singolo parla anche di relazioni e di dinamiche che ci cambiano. C’è un’immagine o una scena concreta che ti porti dietro e che hai trasformato in musica?
La prima stesura del brano è nata una sera a Roma, chiuso in una stanza d’hotel, in piena solitudine. Quella notte, un amico mi ha confessato la sua preoccupazione: non era soltanto che mi lamentassi, ma che non avessi nemmeno più la forza di inventarmi almeno una soluzione. Quasi sempre sono quello che trova un’uscita per tutto — quella volta era il punto di rottura, non ne avevo più. È stata una notte durissima, ma anche l’inizio di una catarsi: il momento in cui finalmente ho trovato il coraggio di vomitare tutto il dolore in musica e parole.
Distruggere tutto fa parte di un percorso più ampio? Possiamo aspettarci un’evoluzione di questo tema in nuovi brani o in un progetto più grande?
Assolutamente sì. Non sarei mai tornato a pubblicare senza una visione chiara e senza l’urgenza di raccontare altro. In cantiere ci sono già tre nuovi brani pronti, ciascuno con un’identità musicale e lirica molto forte: voglio raccontare questo viaggio di rinascita attraverso gli occhi di un Riccardo più adulto, che si è lasciato alle spalle parecchie insicurezze. È il mio punto zero, la voglia di ricominciare senza maschere e senza inseguire nessuna “tendenza”, ma solo ciò che mi rappresenta. E sì, stavolta non ho paura di essere davvero onesto nei confronti di chi ascolta.

