Pochi giorni fa abbiamo parlato di Machina ex Devs, il nuovo album di Ab Origine, progetto musicale sperimentale curato da Gianni Placido. Abbiamo rivolto a lui qualche domanda per approfondire.
A che punto è, nel suo percorso, il progetto Ab Origine?
Il progetto è continuamente in evoluzione e attualmente ci sono due formazioni, una in band con Riccardo Frisari alla batteria, Gabriele Gubbelini all’elettronica e me al didgeridoo ed effetti vari. L’altro è uno spettacolo per one man band dove suono da solo vari strumenti dal vivo, supportato da un looper per alcuni effetti.
Per carenza di definizioni, parliamo del vostro progetto come di “world music”. Ma volendo applicare per forza un’etichetta, quale scegliereste?
Non direi che siamo un progetto di world music quanto di etnica contemporanea, che poi è un genere ben distinto, soprattutto all’estero, ma in Italia per via delle immani carenze di attenzione circa la musica strumentale, jazz a parte, sembra un genere inesistente, sebbene vi siano notevoli progetti che vi rientrano.
I famosissimi Dead Can Dance fanno (anche) etnica contemporanea, come i Follorum Ensemble di Foggia, ormai fermi da anni. Negli anni ci siamo contaminati tantissimo, fino a incursioni nel progressive rock col nostro precedente album Eleusi (2020), ma direi che continuiamo a fare etnica contemporanea e per questa carenza strutturale di etichette ho voluto creare assieme a RadiciMusic Italia una collana specifica proprio di etnica contemporanea, Labyrinth Musik, con la quale abbiamo pubblicato il nostro ultimo album, e altri verranno.
Quali sono i moventi più interni di Machina Ex Devs e cosa significa l’inversione del titolo?
Come accennato, il nostro precedente album, Eleusi, è un concept sulla perdita dell’umanità in un mondo dominato dalla tecnica, dove la riduzione a numero di qualsiasi esperienza umana ci sta trasformando in automi transumani, che si credono tuttavia sempre più liberi. Lì si indicava che senza una esperienza di assoluto, una visione metafisica dell’umano, non può esserci speranza e futuro possibile.
Eleusi è una città antica della Grecia dove si incontravano saperi orientali e d’Occidente, un luogo mitico e ideale al contempo dove ritrovarsi per recuperare tale visione. Machina ex Devs invece è l’esperienza vissuta e già in atto di tale celebrazione dell’umano: ci ricorda che è la macchina, la tecnica e non viceversa a essere generata dal “Dio”, dalla esperienza metafisica, dal Grande Mistero, o chiamatelo come volete. In realtà il titolo è solo un gioco di parole e persino mal scritto in latino, che correttamente dovrebbe essere scritto Machina ex Deo. Storicamente il Devs ex Machina era l’apparato meccanico con il quale la divinità (greca) si calava dall’alto della scenografia teatrale nel teatro romano, nel momento di risoluzione del dramma.
Ci spiegate perché in studio lavorate in squadra ma sul palco ci sale soltanto Gianni Placido?
Come ho già scritto sopra i progetti sono due. Io preferisco sempre portare uno spettacolo complesso in band, ma questa è una possibilità che, al genere di musica che facciamo, è riservata, anche per via dei cachet, ai festival coi grandi palchi. Ti linko qui un assaggio del concerto tenuto sul palco del Didjin’oz festival 2020: https://youtu.be/InbC7HsTP6k
Alcune altre perfromance in duo o trio a anche più elementi si trovano pubblicate sul nostro canale Youtube e altri.
Quali sono i vostri progetti per il ’23?
Vorremmo tornare a suonare attivamente e io, personalmente, vorrei dedicarmi maggiormente alle colonne sonore per cinema documentario, cosa già fatta ma in maniera sporadica. Pare che le nostre musiche si prestino molto… se qualcuno è in ascolto faccia un fischio ;)