White Out è il video / cortometraggio che anticipa l’uscita, in 100 copie numerate per Ribéss Records / Dreamingorilla Records, dell’omonimo disco di debutto dei Barachetti / Ruggeri, duo, anzi Due, formato da Luca Barachetti (ex Bancale) e dal musicista sperimentale Enrico Ruggeri (ex Hogwash) come un incontro / scontro fra voce e suono, fra parola e ritmo, fra corpo e trama.
Il video è stato girato dal regista Luca Ferri, importante autore di corto-, medio- e lungometraggi come Magog [o epifania del barbagianni] presentato alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, Habitat [Piavoli], selezionato dal Torino Film Festival e Abacuc presentato in anteprima al Festival Internacional de Cine de Mar del Plata e successivamente al Torino Film Festival e a Flmmakerfest.
White Out, che si avvale della fotografie e delle riprese di Pietro De Tilla, è stato girato in Marocco, nel paese rurale e desertico di Ait Zneb, e vede come protagonista, oltre all’ambiente naturale del luogo, Boujou Ider, il suo asino e la sua gallina. Costoro, incontrati sul posto e divenuti subito le figure ideali di una serie di riprese fortemente pittoriche e immobili, fanno da contraltare visivo alla frenesia del brano. Boujou resta impassibile a dorso del suo asino, ma quest’ultimo si spazientisce obbligando l’uomo e la sua gallina a un lento ritorno verso casa.
White Out è la ninna nanna di un un concept album che i Barachetti / Ruggeri hanno incentrato sul mal di testa come epifania del declino etico, culturale e soprattutto esistenziale dell’Occidente. Una fotografia dell’apocalisse a bassa intensità ma ad altissima disperazione dell’uomo nella tarda modernità.
Un susseguirsi di brani imprevisti (ovvero non pianificati), canzoni-non-canzoni dilatate e contorte, tracce non scritte ma scritturate dal reale come indagini radicali e radicate sulle possibilità del suono e del linguaggio. Da una parte una manciata di testi in forma di poesia scritti da Luca Barachetti, una poesia che però deve fare i conti con altro suono; dall’altra le macchine analogiche, gli strumenti autocostruiti e gli strumenti tradizionali (ma suonati in modo atipico) di Enrico Ruggeri, per la prima volta alle prese con delle parole dall’inizio del suo percorso sperimentale.
“Nel tempo della crescita inarrestabile e dell’accelerazione – raccontano i Barachetti / Ruggeri – una ninna nanna non può che essere un pezzo tecnoide che non induce il sonno ma una veglia convulsa. Il resto è sintomatologia di un male di testa fra stordimenti, auree, catarri, formicolii, vuoti di stomaco, pesantezze, riflussi gastrici e relative controparti sonore. Il ritmo è quasi di taranta e chissà che l’emicrania non passi”.