Beatrice Antolini, Giulia Mei, Mare @ Lilith Festival: il report

La pioggia su Genova di venerdì 25 luglio ha reso la temperatura serale perfetta, ma ha anche complicato qualche piano per il Lilith Festival 2025, che inizia la sua seconda serata con qualche ritardo. Ma inconvenienti a parte, la notte elettropop che attende gli spettatori di Villa Durazzo Bombrini e di alto livello e di particolare interesse. In sequenza si esibiranno Mare, Giulia Mei e Beatrice Antolini.

Cantautrice e produttrice genovese, nata nel 1999 a Genova, Mare propone un progetto artistico che fonde elementi di cantautorato, elettronica e sperimentazione. Ha pubblicato l’ep Ultramorfosi e dichiara di ispirarsi a figure un po’ distanti fra loro, come Luigi Tenco e Björk. 

Martina Battaglia, questo il suo vero nome, praticamente passa dal soundcheck al live vero e proprio senza scomporsi e senza porre tempo in mezzo. Sorridente, non dialoga moltissimo con la platea ma ciononostante riesce a trasmettere molto con suoni e fisicità.

Con le sue canzoni mescola influenze e generi, saltando senza sforzo da pop a hip hop, da elettronica a “canzone” senza definizioni ulteriori necessarie, con un link ben visibile al sound contemporaneo. Assediata da tastiere che la circondano ovunque, giovanissima e arrampicata sulle zeppe, con la compagnia di un isolato batterista riesce a portare una forza anche muscolare in un set gentile soltanto in apparenza. 

Con una voce per certi versi imprevedibile, uscita da chissà dove, passa in rassegna i brani della sua fresca carriera, come l’ultimo singolo Clessidre oppure Meteore, brani che spesso partono con tranquillità e malinconia, prima di incontrare evoluzioni rabbiose.

Tutto quello che Giulia Mei ha capito della musica

Dopo Mare, annuncio sul palco per il live di Giulia Mei, che si fa aspettare un po’ ma che quando sale è già padrona di palco, suoni e pubblico, che accorre presto alle transenne per vederla da vicino. Con la title track dell’ultimo disco, Io della musica non ci ho capito niente, ci si sintonizza subito su una linea live che mescola con facilità alto e basso, pop e impostazione pianistica classica, ma anche elettronica che sfora spesso e volentieri nella dance.

Anche Drammaturgia, che segue, mostra più volti, tra ironia, sconcerto di fronte ai comportamenti ambigui altrui, pianoforte e una certa partecipazione emozionale. Giulia presenta i collaboratori sul palco, cioè Vezeve a beat box ed effetti vari, e Dario Marchetti alle percussioni e batteria, poi introduce Un tu scuiddari, che su disco è in collaborazione con Anna Castiglia, mentre qui corre su binari solisti senza perdere impeto.

Si entra poi da H&M per una storia triste e melodica, che però non si piange troppo addosso. I fallimenti della vita di tutti entrano nel discorso di una canzone dall’andamento morbido. Giulia annuncia ed esegue poi Cara Allegria, accendendo l’attenzione sul fatto che si dà troppa poca attenzione ai sentimenti positivi, poi si fa un selfie con il pubblico per spedirla alla madre, che di fatto non ha ancora capito che mestiere faccia la figlia. L’introduzione serve a eseguire Genitori, che di fatto parla di questi curiosi personaggi presenti nella vita di quasi tutti.

C’è un aereo che passa nel cielo genovese prima che Giulia esca dal recinto delle sue tastiere per cantare ancora di genitori, questa volta con Mio padre che non esiste, con tutta evidenza il brano più toccante dell’ultimo disco. C’è il Conservatorio nei ricordi della cantautrice palermitana, con qualche disavventura da raccontare, prima di eseguire in sequenza MzoartA casa mi veniva.

A picciridda mia è una ninna nanna cantata in lingua siciliana (anzi, palermitana) dedicata però anche a piccoli che muoiono lontano dalla Sicilia, e nello specifico in un luogo del Mediterraneo dove ti sparano tutti i giorni mentre fai la coda per un tozzo di pane.

Si chiude, è inevitabile, con Bandiera, attesa da tutti e totalmente partecipata, con Giulia che dopo la prima strofa scende dal palco a far cantare il ritornello a tutte le prime file. Trionfo totale, atteso ma non scontato.

I pensieri iperborei di Beatrice Antolini  

Cambio di scena drastico quello che vede l’uscita di Giulia Mei, che lascia spazio a Beatrice Antolini e alla sua formazione a cinque, tra cui spicca Nicola Manzan, impegnato principalmente al violino. Volendo fermarsi ai luoghi comuni, il caldo del sud lascia spazio alle algide bellezze del nord, ma questo non è Festival che si nutra di luoghi comuni per fortuna.

Infatti c’è molta energia e passione anche nel live di Antolini, che pure deve superare qualche problema tecnico iniziale. Ci si stacca dalle atmosfere sanguigne precedenti per immergersi in un’ispirazione internazionale che si esprime rispettando la scaletta del nuovo disco Iperborea, album con i testi per la prima volta tutti in italiano. Beatrice avverte che i brani saranno riprodotti in sequenza e senza intermezzi parlati per rispettare la coerenza del lavoro (e non perché, precisa, lei sia antipatica).

I testi volano alti ma l’energia è percepibile, in un set molto vibrante e spesso urlato. Ci sono istinti punk che si risvegliano all’improvviso, all’interno di brani apparentemente algidi. Beatrice alterna momenti al piano e altri in cui si alza e brandisce il microfono, con passione ruvida. E se pezzi come Trionfo e rovina si giovano di ripetizioni a loop percussive, c’è una certa dolcezza in altre situazioni come L’arte dell’abbandono.

Verso la fine del set dedicato al nuovo disco si sfora quasi nel noise e i decibel si alzano molto. Melodia e rumore raggiungono un equilibrio. Beatrice torna a parla alla fine della tracklist del disco e prima di eseguire qualche brano più antico, dal repertorio in inglese. E spiega come parli poco anche perché è introversa. E dice, con qualche ragione, che ce ne vorrebbero di più, di introversi, nel mondo, anziché gente che ostenta le proprie sicurezze.

La serata si è allungata, complice il maltempo di cui si diceva, perciò, così come Giulia Mei prima, anche Beatrice deve tagliare un po’. Si chiude con What you want e comunque con l’impressione di aver assistito a tre grandi performance, diversissime ma in certo modo complementari.

Pagina Instagram Mare
Pagina Instagram Giulia Mei
Pagina Instagram Beatrice Antolini

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