Profondo Blu è il terzo lavoro di Emiliano Mazzoni, cantautore montanaro modenese. Sui 1200 metri di Piandelagotti, a due anni dal precedente Cosa ti sciupa (che avevamo recensito qui) anche questo disco è nato con la produzione di Luca A. Rossi (Üstmamò, Giovanni Lindo Ferretti). “Profondo Blu” è un disco di ballads, ora cattive, ora tristi, ora metà in un modo e metà in un altro.
Emiliano Mazzoni traccia per traccia
Al mio funerale apre con gioia l’album. Ma al di là dell’immagine evocata dal titolo e di un certo spleen moderato sparso sulla traccia, ci si trova di fronte alla prima ballad, a metà tra ispirazioni blues e qualche istinto morriconiano. Atmosfere più drammatiche quelle di C’era un giorno ed ero io. Anche qui le idee sono piuttosto funeree, con il pianoforte che si occupa di rendere più acute certe sensazioni.
L’arte che avrai rallenta i ritmi e rende più malinconici i toni, come se fosse arrivato d’improvviso il tramonto. La chitarra si occupa di restituire un po’ di vibrazioni al brano. Il meschino conserva le emozioni più oscure filtrate dalla traccia precedente.
Altro carattere quello de Il cielo della scuola, in cui il dramma si articola in modo più ritmato e aggressivo. La metà torna a seccare l’aria, dilatandosi su panorami desertici e western. Voce, pianoforte e pochi altri ingredienti sono sufficienti per fare avvertire buone sensazioni in Tiepido mare.
Faccia da uomo riprende il passo pesante di qualche altra traccia dell’album. L’atmosfera si fa scura e piuttosto pesante, con gli strumenti vestiti a lutto o per andare in battaglia. La ballad Senza guai importanti ritorna a momenti più morbidi, benché parli anche di assassini. Non invecchieremo mai toglie qualche grado di minaccia e aggiunge qualche luce in più al pianoforte, ma il cielo è sempre piuttosto plumbeo.
La già nota E tutti eran da qualche parte è più incisiva per il testo che per i modi. San Valentino nella Cassa torna un’ultima volta a temi mortuari, chiudendo l’album con un’altra ballata che ha qualche accenno di levità, in contrasti tra chiaro e scuro che costellano tutto il disco.
Disco che, va detto, è ricco di canzoni significative, ben costruite, di buona fattura e cesello. Emiliano Mazzoni conferma quanto di buono già sapevamo di lui, per esempio la capacità di far crescere brani quasi dalla terra, senza inficiarne il nerbo, il significato e la semenza. Un disco vivo, a dispetto di una fascinazione per la morte più strombazzata che seriamente vissuta.