E’ con colpevole ritardo che recensiamo C’è ancora amore, il nuovo disco dei Fine Before You Came, a quattro anni da Forme complesse. Ma è anche vero che la band ha fatto il possibile per tenere l’album un po’ clandestino, tenendosi lontana (almeno per ora) da discorsi di release ufficiali e di streaming sulle principali piattaforme.
Invece è apparso su Bandcamp il 1° settembre scorso, dove è scritto che è stato registrato in cinque giorni di primavera 2025 tra il Baito e il Cabinessence da Marco Giudici, aiutato da Elia Guglielmi e Adele Altro. Mixato da Marco Giudici e Fine Before You Came. Masterizzato da Giovanni Versari. Lp e cd di C’è ancora amore usciranno oggi, 26 settembre, per La Tempesta Dischi e sono ordinabili qui www.latempesta.org/record/ce-ancora-amore
Fine Before You Came traccia per traccia
La partenza del disco è acustica, moderata, malinconica: Amici miei apre con calma, si diffonde in ampiezza, si appoggia a dei cori appena accennati, con un ritmo in marcia continua che rimane fino alla fine, per raccontarci che “passerà”.
C’è un certo senso di desolazione quando arriva Il cane che hai, una storia di incontri (mancati), di grazia calcolata, con qualche tentazione di accelerazione, che però si tramuta in una progressione narrante dolorosa e senza speranza.
C’è un cane anche in Piccola luce accesa, ma anche un vecchio agli arresti domiciliari con una piscina all’interno di un brano che inizia ad alzare la voce e a esprimere in maniera più evidente le proprie emozioni. Sconfiggere la paura è uno dei moventi del brano, anche se il tono complessivo del brano non sembra rassicurante.
Battiti e un atteggiamento di stupore complessivo trova asilo in Grandezze nascoste, che si fa elettrica. Questioni di sonno mancato, di montagne spostate e di mari divisi, mentre il disagio prende sempre più il sopravvento all’interno del brano.
Si torna a marciare, in modo appropriato, anche con Via ragazzi del ’99, con una serie di link mentali a cui allude il titolo del brano, che sul finale si allarga a coro. Due minuti di introduzione strumentale per Vecchi cantanti, prima che arrivi un cantato sommesso e triste, che si fa sempre più struggente man mano che il brano procede, anche se ripete di non crucciarsi per la fine delle cose a cui teniamo.
Questioni di riflessi e ancora di stupore nell’osservarsi dall’alto in Calici, che organizza le proprie tessiture sonore intorno a un battito nervoso. Si brinda, perché “c’è ancora amore”, ma il tono del brindisi non sembra proprio trionfale.
Crescono, i Fine Before You Came, in termini di età e di maturità. Ma la desolazione di cui sono portatori in musica non va via ed è talmente radicata che probabilmente non se ne andrà mai. Ed è giusto così: c’è bisogno del loro sguardo che riesce a essere disincantato e disperato insieme.
Lo confermano anche nelle sette nuove canzoni contenute nell’album, che cercano di fare da ponte fra la ragionevolezza a cui saremmo in teoria chiamati e l’enorme vuoto su cui sediamo facendo finta che non esista. Il disco è perfettamente riuscito nei propri intenti e, anche se non racconta cose nuovissime rispetto a quelle che già conoscevamo della band, è una conferma di alto livello che merita ascolti ripetuti.
Genere musicale: slowcore
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