Il SantoSi intitola Magarìa il quarto album de Il Santo, Roberto Santoro. Il cantautore, tra musica e teatro, attinge alle radici del Sud Italia che gli ha dato i natali. Un lavoro collegato alla sua storia e alla sua terra di cui il primo estratto, Edipo a Milano è un esempio chiaro: una canzone scritta in memoria del produttore discografico Angelo Carrara (già produttore fra gli altri di Battiato e Ligabue, nonché dei primi tre dischi di Santoro).

Il Santo traccia per traccia

Si parte dalla ballata (in senso quasi letterale) Magarìa, che dà titolo all’album. Un pezzo dalle chiari origini folk, con uno scheletro mediterraneo rafforzato dall’uso del dialetto. Non è difficile ricojnoscere le ascendenze cantautorali di Santoro, a partire da De André e proseguendo. Lamoremio ricorre all’italiano per un racconto più morbido e intimo.

Più disinvolta e scanzionata Complimenti, con la chitarra che si insinua in un ritratto al femminile non sempre elogiativo. Ci si spinge in parte sul filosofico, ma senza rinunciare al ritmo o alla leggerezza, con Pura Vida. Melò indugia su panorami leggermente più soffici, sfruttando le possibilità del duetto con una voce femminile.

Ci si inabissa in teatri più scuri con Il mio fado per te, avvolta in manti di tristezza. Anche Miracolo a Spinone presta il fianco a malinconie antiche e recenti. Più antiche, probabilmente, così come un po’ antico è spesso il sound utilizzato nel disco, pur senza affogare nel vintage. La già citata Edipo a Milano si disegna con caratteristiche biografiche, sconfinando quasi nell’epico, tenendo insieme il tutto con il sentimento.

Regina grand amor acquista caratteristiche liriche, tra poesia e ritmi latini, con la chitarra acustica protagonista ed echi di flamenco non così lontani. Storia di Vanni è piuttosto danzante, con qualche pizzico del De Gregori più recente e qualcosa dei cantautori di generazioni più recenti. Romanticismo e piccole storie che sanno d’antico anche in Sai Maria, volevo dirti. Si chiude con Joie de vivre, non particolarmente joyeuse, ma cadenzata e piuttosto rabbiosa.

Il Santo non esce dalla linea tradizionale del cantautorato e non pretende di innovare. Ma i sentimenti espressi nel disco sono senza dubbio sinceri e genuini. L’album si gioca sulle linee espresse dal sound del Mediterraneo, interepretate però con una certa versatilità e senza far scendere mai il livello di vitalità sotto i livelli di guardia.

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