In questi giorni si sta preparando per la tournée italiana (qui le date): il cantautore americano Ian Fisher ha pubblicato il proprio esordio con Nero, classico lp da songwriter con qualche tocco country ma anche qualche influenze europee, visto che si è trasferito nel Vecchio Continente da qualche anno. Ecco la nostra intervista con Fisher.
Ci puoi raccontare qualcosa della tua storia prima di “Nero”?
La versione semplificata della mia storia prima di “Nero” inizia in Missouri. Sono cresciuto lì in una fattoria. Mi sono spostato a Vienna per studiare scienze politiche nel 2008. Quindi mi sono trasferito a New York per fare musica, che è il motivo che mi ha fatto trasferire a Berlino nel 2010. Sono stato in tour da allora.
Perché un album intitolato a Nerone, non proprio il più popolare fra gli imperatori romani?
Quel nome mi è venuto in mente anni fa quando ho suonato la title track dell’album di un mio vecchio amico. In una strofa io canto: “Se fossi il re di questa città, la brucerei”. I miei amici mi hanno detto: “Ian, suoni come un Nerone”. Il nome è rimasto.
Quando abbiamo iniziato a scegliere le altre canzoni che sarebbero state nell’album, ho visto partire il pattern tematico prendere forma. Mi sono accorto che gran parte delle canzoni parlavano di una qualche forma di distruzione. Penso che sia l’effetto collaterale della crescita. Ogni tanto devi distruggere qualcosa per costruire qualcosa di nuovo. E quando si parla di distruzione, non posso pensare a una figura storica migliore a cui riferirsi di Nerone.
Quale tipo di sensazioni ha accompagnato la realizzazione dell’album?
Come dicevo, distruzione e ricostruzione sono i grandi temi per me in questo album. Quando leghi tutto questo con il mio background di musica country folk, ti arriva una ventata di nostalgia. Molto rimpianto per ciò che non hai oppure per dove non sei. Questo è un elemento fondamentale per gran parte della musica country americana e della musica folk mondiale, peraltro. Perciò, dovendo scegliere un’emozione, direi nostalgico.
L’iperproduttività di Ian Fisher
Hai scritto tutte le canzoni per l’album recentemente oppure le hai raccolte nel corso degli anni?
Ho scritto le canzoni che sono su Nero tra il 2009 e il 2014. Quando ho finito il mio diciottesimo quaderno pieno di canzoni qualche mese fa ho deciso di contare quante canzoni avevo scritto negli ultimi dodici anni. Ne ho contate 1037. Credo non sia necessario dire che sono già pronto per iniziare a registrare altri album.
Com’è nata “Again & Again”?
Ho scritto quella canzone un mattino dopo aver dormito sul pavimento di una casa abbandonata, dopo aver suonato in un terribile concerto in un posto terribile con gente terribile. Sono momenti come questi che mi fanno domandare perché io mi torturi con questo tipo di tour. Alzarsi e continuare a fare le stesse cose, ancora e ancora. Ci sono altri momenti che mi rammentano perché io lo faccia, ma, come in ogni lavoro, anche questo può essere duro a volte.
Cosa ti aspetti dal tour italiano che sta per partire?
Mi aspetto di incontrare gente simpatica, di essere molto stressato da automobilisti pazzi, di consumare alcuni buoni pasti e un po’ troppi panini all’autogrill, di ascoltare le parole “cinque o dieci minuti” ogni volta che chiedo a qualcuno quanto dovrò aspettare qualcosa, di bere del buon caffè e dell’ottimo vino, non mi aspetto che nelle piccole città la gente capisca i miei testi in inglese, ma mi aspetto che almeno piaccia la musica, e mi aspetto come minimo di imparare abbastanza della lingua italiana da far sorridere la gente quando ascolta il mio stupido accento americano.