Sara Velardo 2

Un disco, intitolato semplicemente 3, che si spinge un po’ più in là del solito quanto a sonorità elettriche, e molto più in là della media per quanto riguarda testi a volte dolorosi e molto appassionati: il nuovo album di Sara Velardo (qui la recensione) riserva sorprese inaspettate. Ecco la nostra intervista.

Questo disco allarga di molto le tipologie di sonorità rispetto ai primi due dischi, per lo più acustici. Puoi spiegare i motivi di questo cambiamento?

L’esigenza era un ritorno alle origini, prima di intraprendere la strada solista ho sempre suonato in band e fatto rock, ultimamente mi mancava averealtri musicisti sul palco, ho scritto le canzoni pensando già al suono che volevo, ho arrangiato tutto in pre produzione e poi ho scelto i musicisti, Fabio Zago, che già conoscevo come valido batterista, Andrea Viti, che ho conosciuto grazie ad amicizie comuni e che ha avuto un ruolo importantissimo nel suono finale del disco, sia per il suo talento come musicista che per la sua esperienza e Daniele Molteni, che ha impreziosito alcuni brani con i suoi suoni “liquidi” , quando ho scritto Venere sapevo già come volevo il risultato finale e ho subito chiamato lui. Volevo un disco anni 90, qualcosa che mi ricordasse i dischi con i quali sono cresciuta e che ho amato di più, chitarra, basso, batteria.

Tra i non pochi temi di attualità che tratti nel tuo album, quello dell’emigrazione sembra quello che ritorna con maggiore frequenza. Posto che è un tema che tocca tutti da vicino, puoi spiegare che cosa scuote in particolare la tua coscienza, o in altri termini, che cosa ti fa incazzare di più?

Io sono un’emigrata, per anni noi calabresi e in generale tutti i meridionali siamo stati bistrattati dalla Lega, sono sempre stata allibita dal fatto che delle persone abbiano creato addirittura un partito per cercare di impedirci di spostarci al Nord Italia per lavorare. Lasciare la propria terra per cercare fortuna altrove è un’ opportunità ma anche un dolore, lasci tutto quello che ti appartiene, culturalmente ed emotivamente, per abbracciare uno stile di vita completamente diverso.

Questa però per me è stata una grande occasione di crescita e scambio culturale, mi piacerebbe gli Erasmus fossero tra Nord e Sud, per conoscerci e capirci meglio, siamo tutti italiani ma è innegabile che ci siano delle differenze culturali enormi, questa dovrebbe essere una ricchezza per il nostro paese invece viene vista come un elemento di divisione.

A Riace in Calabria il sindaco Mimmo Lucano è stato inserito nella classifica dei 50 uomini più influenti del mondo per aver fatto rinascere un paese quasi abbandonato grazie all’inserimento dei migranti nella società, questo dovrebbe essere un esempio di come l’immigrazione sia una risorsa, e non una piaga. Il fatto che persone che scappano dalla guerra vengano trattate come invasori è una cosa che non concepisco, questo mi fa incazzare, soprattutto se a volerli respingere siamo noi che siamo emigrati in tutto il mondo e continuiamo a farlo.

Una canzone come “Errati acquisti” porta con sé un grande carico di sofferenza. Puoi raccontare come nasce?

Errati acquisti è una canzone molto difficile e molto delicata, non avendo avuto per fortuna esperienze dirette ho cercato di interpretare quello che ho letto o visto per puntare i riflettori su un tema sempre attuale che non viene affrontato mai abbastanza, secondo me.

Avevo scritto anche un’altra canzone sull’argomento, che interpretava il punto di vista maschile, la debolezza, la frustrazione dietro ogni gesto di violenza, ma non l’ho mai finita, credo che per una donna sia difficile riuscire a immedesimarsi in un uomo che compie delle azioni violente contro una donna. Oggi una donna ha paura anche di denunciare uno stupro per paura di sentirsi dire che se l’è cercata, ha paura di denunciare episodi di violenza domestica per paura di sentirsi giudicata.

Sara Velardo: in Italia la buona musica c’è eccome

sara velardo 3

Cosa ti ha spinto a fare una cover di “Tomorrow Never Knows”?

I Beatles sono il mio gruppo preferito, dopo averla suonata dal vivo un paio di volte ho deciso che valeva la pena inserirla nel disco, è una canzone che amo talmente tanto che la sento un po’ mia…magari lo fosse! ;)

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Io ho suonato la chitarra acustica (Martin D18) e la chitarra elettrica (Fender Telecaster), con un ampli Route 66 Dr. Z che mi ha prestato Daniele Molteni, lui ha usato una Fender Stratocaster e una pedaliera stratosferica composta da pedalini artigianali ed effetti digitali , Fabio Zago ha usato un mix di batterie tra cui la sua Yamaha, Andrea Viti ha usato il suo basso Fender Precision e un basso a 12 corde stupendo, uno strumento che non avevo mai visto prima e che ha un suono stupendo a volte simile a una chitarra (lo potete sentire in “Come una poesia”).

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?

Iosonouncane perché ha scritto un disco bellissimo, qualcosa che mi ha richiamato Battisti, Dalla ma in una veste completamente nuova, quando l’ho ascoltato ho pensato : “Che bomba, finalmente qualcuno che non ha paura di sperimentare”! Daniele Celona perché è bravissimo, canta benissimo e il disco nuovo è viscerale, rock, vero.

Poi tra quelli meno conosciuti ci sono I Black Beat Movement e le I’m not a Blonde, loro credo che faranno strada, se lo meritano. Ce ne sono tanti, nella mia collezione di dischi l’80% è composto da artisti indipendenti, credo che se avessero il giusto spazio tutti si renderebbero conto che in Italia la buona musica c’è eccome.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi