Qualche tempo fa abbiamo recensito il dodicesimo capitolo della collana fortemente sperimentale Tape Crash, la serie di cassettine che Old Bycicle Records mette in evidenza per dare spazio a generi poco frequentati (qui la recensione di TraKs). Protagonisti del tape in questione erano il canadese Stefan Christoff e l’olandese Post Mortem (Jan Kees Helm). Abbiamo condotto un’intervista con i due, ed ecco i risultati.
Che tipo di reazione avete avuto quando vi hanno proposto uno split album?
Stefan: Onestamente la mia reazione è stata di interesse e curiosità. Ho pensato che l’approccio fosse significativo e che fosse anche un bel passo avanti nel creare percorsi di scambio tra gli artisti in spazi differenti, sia dal punto di vista culturale sia geografico. Mi sono sentito aperto alla proposta ed ero interessato a contribuire ed esplorare. Una volta che ho saputo qualcosa di più a proposito di Post Mortem e del contesto del lavoro di Jan Kees Helm mi sono sentito totalmente a mio agio perché Jan è anche un artista impegnato con un attivismo radicale contro le ingiustizie sociali, cosa molto importante.
Jan: Sono sempre interessato agli split-tapes, è sempre interessante scoprire come due artisti insieme funzioneranno oppure no. Ero soprattutto entusiasta perché mi piace molto il concept di Tape Crash di Old Bicycle Records.
Che cosa pensate dell’ “altro lato” della cassetta, quello sul quale non avete lavorato?
Stefan: Mi sono sentito “dentro” il lato di Post Mortem, ho apprezzato l’uso delle texture e anche dello spazio. Penso che l’approccio di Post Mortem abbia lavorato bene a complemento del mio contributo al progetto Tape Crash. Mi è piaciuto anche l’uso del pianoforte, collocato nello spazio e nell’ambiente sonoro della piece di Post Mortem, super potente.
Jan: Mi è piaciuto l’approccio differente alla musica, il mix di musica sperimentale e classica. Ho aggiunto alcuni elementi alla composizione di Waasland e ho composto le parti di piano di Waasland.
Quali sono state le vostre principali fonti di ispirazione in questo lavoro? Quali sentimenti ha evocato lavorare su questo album?
Stefan: Gran parte del mio lavoro sul progetto Tape Crash è basato sulle mie riflessioni attorno al tentativo di creare “musica” che trasmettesse un’atmosfera o uno spazio senza usare parole, in un tentativo specifico di trasmettere l’emozione di un’esperienza o di uno spazio. Per tentare di definire attraverso il suono i sentimenti non espressi che rimangono nell’aria all’interno di qualunque contesto, sentimento, o in una vibrazione, che spesso non prendono una direzione ma altrettanto spesso costituiscono l’elefante nella stanza in svariati contesti.
Così, in qualche modo i sentimenti collegati alla creazione di suoni in questo lavoro sono stati intensi in molti modi. Spesso il mio pensiero è focalizzato ai punti di crisi politica che il mondo affronta. Nello specifico i miei pensieri sono stati centrati sulla crisi climatica che affrontiamo, il riscaldamento globale e le connessioni inerenti tra questo e il fondamentalismo del “libero mercato”, che guida il mondo dell’economia alla ricerca di un’incessante “crescita”. Osservare questo contesto e cercare di agire anche come attivista sociale, ma sentirsi spesso sconfitto, oppure non sentire che le azioni radicali possano realmente indirizzare, con conseguenze immediate, le crisi che affrontiamo.
Questi sono stati alcuni dei pensieri che sono connessi a quel sentimento inespresso che rimane nell’aria e che ho tentato di focalizzare attraverso la mia musica, specialmente perché spesso la vera crisi dell’esistenza che affrontiamo non è al centro della nostra conversazione, ma si svolge a un livello sia personale sia di società.
Jan: Waasland è stato creato in un periodo molto caotico della mia vita. Tutte le basi erano perdute e sto ricostruendo la mia vita. La composizione rappresenta i filtri che ho e ho avuto durante questo periodo, ma rappresenta anche il flusso continuo della vita.
Che cosa pensate del lavoro di Giorgia Barbieri, che ha curato le illustrazioni di “Tape Crash”?
Stefan: L’artwork di Giorgia è bellissimo, mi è piaciuto il disegno ma anche la sua applicazione attraverso il packaging fatto a mano. L’approccio in serigrafia è magnifico, wow. Penso che le tonalità di colore utilizzate per l’artwork esprimano benissimo l’umore di entrambi i lati della cassetta. Mi è piaciuto anche il modo in cui l’artwork di Giorgia è suggestivo in molti modi della spazialità, e questo ha funzionato davvero per me, perché spesso guardo video di astronomia, di oggetti celesti, per cercare di superare emozioni difficili o circostanze di vita. Penso che guardare i cieli ci tenga davvero con i piedi per terra.
Jan: Sono stato molto soddisfatto dalla cover che ha creato. Gran parte del nostro lavoro funziona in modo circolare nella nostra musica, e lei ha realmente capito su che cosa vertesse la nostra musica.
Su che cosa state lavorando ora? Potete anticipare qualcosa a proposito del vostro prossimo progetto?
Stefan: Sto lavorando su vari progetti al momento. Ci sarà un’altra release in duetto con Sam Shalabi, sempre su audiocassetta per Small Scale Music (https://smallscalemusic.bandcamp.com/), ma al contrario dei nostri primi due ep, che erano duetti piano/oud, questo sarà un duetto tra organo e synth.
A seguito dell’uscita di Tape Crash sto anche lavorando a un ep di solo organo: sono nella fase di lavoro a casa, registrazioni eccetera. Inoltre sto anche lavorando a un’altra uscita come parte dei Rêves sonores, progetto che porto avanti con l’ingegnere del suono e musicista Nick Schofield. E infine ho un ep che esce ad aprile con Howl! arts, duetti con il sassofonista newyorkese Ras Moshe. Ma questi sono soltanto alcuni dei progetti musicali sui quali sto lavorando.
Jan: Sto lavorando ora a due uscite che seguiranno Waasland. Deportatie #1 è un mix di vecchie registrazioni di Contact t.b.d. che si occupano delle conseguenze della seconda guerra mondiale e di registrazioni sul campo che ho fatto a Oswiecim e Auschwitz. Deportatie #2 sarà un mix di composizioni su cui ho lavorato negli anni passati. Le composizioni sono riflessioni sulla politica europea nei confronti dei rifugiati.

