Come probabilmente si è già intuito, TraKs parla principalmente di musica indipendente italiana. Ma siccome l’unica virtù che potrebbe ancora salvare il mondo civile è l’apertura mentale, ci sembra sempre sbagliato erigere mura oltre le quali chiudere buoni prodotti indipendenti che arrivano da oltre confine.
Questo pistolotto per dire che oggi si parla di Grecia: per la precisione degli Acid Baby Jesus, che si sono già costruiti una discreta fama psichedelica e che oggi tornano con Selected Recordings.
La band si forma nel 2009 ad Atene e accetta come forme di influenza sia le radici del folk greco, sia (in modo prevalente) la psichedelia lisergica degli anni Sessanta soprattutto americani.
Questo tipo di influenze (soprattutto quella psichedelica) si avvertono immediatamente ascoltando Diogenes, omaggio al filosofo cinico quanto ad antiche memorie che sanno di Velvet Underground (versante All Tomorrow’s Parties), di Doors e di danze acide intorno al falò.
Andamento marcato e guardingo per Row by Row, comunque ricca di sonorità vintage, mentre con Night of Pan si torna ai riferimenti mitologici greci ma anche a suoni curiosi e vagamente inquietanti.
Si cambia invece almeno fonte di ispirazione con Ayahuasca (Unmanned Drone), che fa riferimento ad altre danze attorno al falò, quelle degli indiani d’America, con accordi ripetuti e un andamento circolare del brano.
Parecchio acida Who’s First? con una chitarra che fra della cattiveria il proprio obiettivo. Anche Vegetable non si distingue né per tranquillità né per suoni particolarmente morbidi.
I toni di Trouble Maker sono particolarmente solenni e quasi epici, con il basso a sottolineare le architetture importanti di una canzone piuttosto cinematografica.
I’m becoming a Man suona più placata rispetto alla precedente, ma con un retrogusto di far west che la accomuna a molte altre tracce del disco.
Omonia procede rapida ma non senza connotati di allucinazione. Si va sull’acustico (un po’ beatlesiano/floydiano) con You & Me, mentre All of Your Love è altrettanto beatlesiana nello spirito, ma un tantino sbiellata, con risultati divertenti.
Si chiude con When I go, che conferma gli ingredienti base del disco (non poteva essere altrimenti) e che termina con robuste dosi di chitarra.
La psichedelia non è mai morta e si rigenera sempre in qualche forma: quella proposta dagli Acid Baby Jesus è piuttosto pura e molto vicina a quella delle radici.
Il disco ha spunti d’eccellenza e in alcuni frangenti suona molto potente, le sonorità vintage sono declinate senza nostalgia, ma riconoscendone la forza. Un ottimo ascolto, senza dubbio.