Il nome del progetto, nonché del disco d’esordio, è Silent Carnival, cioè Marco Giambrone, pittore, fotografo e musicista che si è già fatto conoscere con Marlowe e Nazarin, ma che ora si presenta in prima persona, pur contornato da numerosi “compagni di viaggio”.
Il disco, prodotto da Carlo Natoli, è stato registrato “nel silenzio di una casa di campagna nel cuore della Sicilia” (così recita il comunicato di presentazione) eppure il mood generale sembra piuttosto nord-europeo, anzi nord britannico per certi versi.
Si part con A process…, un viaggio interiore tra macerie sonore che possono far pensare a qualche band contemporanea (Interpol per esempio), ma che aprono squarci su un disco che guarda chiaramente alla scena internazionale.
In apparenza è più leggera l’atmosfera in Carrying the fire, che può contare anche sull’apporto di John Eichenseer alla viola, ma in realtà si intuisce che la tempesta è soltanto in attesa di esplodere.
Existence parte molto scarna e finisce per essere uno dei pezzi più ipnotici e inquietanti del disco, ai limiti del trance. Più morbida l’atmosfera di It’s not real, in cui l’intervento di Andrea Serrapiglio con il violoncello accentua l’aria di spaesamento generale.
C’è molto movimento all’interno di Crying dance, il pezzo più ritmato del disco, con la presenza del sax alto del jazzista Gianni Gebbia. L’atmosfera però si placa presto con Failure, malinconica e alla ricerca di intensità profonde.
Funerea e con accenni di oscurità profonda è Gare du Nord, con un titolo simenoniano e caratteristiche dark wave, nonché un finale chitarristico allungato con le caratteristiche del loop.
Floating point non cambia umore: ci si muove con lentezza tra panorami brumosi e oscuri, che di certo non richiamano la Sicilia natale di Giambrone.
Restless love si apre con coro femminile (cioè la voce di Caterina Fede moltiplicata), poi partono dissonanze di vario tipo, altri cori e un basso dall’andamento sinuoso.
Chiude June, di cui è già stato pubblicato il video (che riportiamo a fine recensione) e che parte da suoni industrial per poi lasciare spazio ancora una volta alla voce di Marco e alle angosce che riesce a trasmettere, pur mantenendo un tono del tutto calmo.
Un lavoro complesso, sfaccettato, curato nei dettagli e capace di scavare a fondo: Silent Carnival è un disco che merita attenzione proporzionale a quella utilizzata per realizzarlo.
Non è sicuro che la casa di campagna siciliana in cui è stato realizzato il disco abbia influito sull’album stesso. Quello che è certo è che ora in quella casa è rimasto il fantasma del carnevale silenzioso che vi si è consumato. Ed è un fantasma inquieto.
