Leyla El Abiri: metto in dubbio tutto

Speciale è l’ultimo singolo pubblicato da Leyla El Abiri, giovane talento genovese che sarà fra le protagoniste della serata di sabato 26 luglio al Lilith Festival, nella sua città. Le abbiamo rivolto qualche domanda.

Suonerai al Lilith Festival stasera: ovviamente non è la tua prima volta genovese e anzi hai già suonato in alcuni dei Festival principali della tua città. Ma che cosa rappresenta questa data e questo Festival per te?

È sicuramente un piacere tornare al Lilith Festival, ho avuto l’occasione di partecipare già due anni fa ed è stata una bellissima esperienza!

Lilith è forse l’unico evento in Italia che privilegia le artiste. Dal tuo punto di vista come siamo messi nel cammino verso una vera parità, al di là delle moltissime chiacchiere che si ascoltano in giro?

Insomma. Siamo ancora lontani da una vera parità, le donne faticano ancora ad avere spazio, riconoscimento e visibilità, soprattutto nel mondo della musica. Troppe volte le ‘chiacchiere’ superano i fatti e le artiste si ritrovano ancora a dover spiegare, giustificare e infine resistere. 

Visto che hai raccontato le trasformazioni sonore che la tua musica sta affrontando come un passaggio da sonorità “patinate” a suoni più “sporchi”, ci puoi anticipare qualcosa di quello che vedremo sul palco?

Sì è vero, sono cambiata e sto cambiando. Credo che molte volte – quando si parla di musica o di qualsiasi altra modalità di espressione artistica – si dia per scontato che essa sia un canale diretto con quello che siamo davvero, quello che vogliamo esprimere. In realtà non è sempre così.

Il filtro o la maschera che tutti noi abbiamo nella quotidianità (dettata da un’infinità di elementi, introversione, insicurezza, contesto sociale ecc) può esistere talvolta anche in una manifestazione artistica nello stesso identico modo. Quello che sto cercando di fare, sia in studio che sul palco, è di ridurre sempre di più la distanza tra il vero e quello che dico. Ho bisogno di essere sincera.

Mi racconti come nasce il tuo ultimo singolo, Speciale?

Se dovessi riassumere Speciale probabilmente direi “Sindrome dell’impostore”, nasce proprio da quella, oltre che infinite metafore, come i lamponi, bellissimi fuori ma vuoti al loro interno.

Parla di mediocrità, quella che tutti a un certo punto temiamo (ma forse anche speriamo!) di raggiungere. Non c’è nessun messaggio positivo, nessuna speranza di cambiare, non sono la persona adatta per questo. Ero solo molto arrabbiata.

Che cos’altro ci puoi anticipare del nuovo ep?

Il nuovo ep nasce appunto dalla rabbia. Nasce dall’invidia della serenità degli altri, dall’egoismo, dal marcio, dagli sbagli e dall’inadeguatezza. Non c’è traccia di alcun tipo di amore, c’è solo il vuoto della sua assenza che sembra quasi essere diventato solido, melmoso e ingombrante. Però tutto sommato, è quasi ballabile.

Se non ho capito male, delle tue canzoni scrivi prima il testo: mi racconti come nasce un tuo brano?

Sì! Nasce prima il testo, quando vedo o sento delle cose le scrivo. Ci ritorno in un secondo momento, a quel punto nasce anche la melodia. Poi solitamente lo detesto, lo scarto e odio ogni singola parola o nota che ho scritto. Metto in dubbio tutto, la mia esistenza nella sua interezza e, dopo qualche giorno, ripeto l’intero procedimento da capo.

I brani che sopravvivono all’auto-sabotaggio finiscono in studio (Unbox Studio) e grazie a Fulvio Masini diventano realtà. Non odio ancora il nuovo ep, ma c’è ancora tempo (o forse questa volta non succederà?).

Con Fulvio Masini avete fondato Dischi Bastardi: come influisce l’ambiente collettivo sul tuo processo creativo?

Dischi Bastardi è una delle realtà di cui sono più fiera al momento. È genuina, fresca e grazie a essa ho avuto modo di conoscere e collaborare con tanti artisti speciali che ogni giorno si affidano a noi. Il mio cuore si riempie. 

Per quanto riguarda il mio processo creativo, devo ringraziare Fulvio per il suo lavoro incredibile e per la sua infinita pazienza (sono insopportabile quando si parla di musica). 

Hai dichiarato che non ascolti molti artisti italiani in questo periodo—chi ti ispira tra le nuove scene alternative internazionali? E se invece devi proprio fare un nome italiano che ti colpisce in questo momento, quale potrebbe essere?

Mannequin Pussy, Turnstile, Friedberg, Sir Chloe, Wet Leg, Amyl and The Sniffers.

Sull’italiano vado sul sicuro: Lo Straniero.

Sei anche attiva nella programmazione del Trinità Live Club. Qual è la situazione della musica dal vivo in una città complessa come Genova?

In generale in Italia, il concetto del ‘vado a un concerto anche se non conosco l’headliner’ non è troppo diffuso, purtroppo. A Genova è ancora peggio, le persone non sono mai state abituate a scoprire nuova musica grazie ai concerti, ai festival, agli eventi ed è un vero peccato. Questo, sommato alla totale assenza di club e locali al chiuso (soprattutto sull’inverno/autunno), rende Genova una città veramente difficile e la scena musicale emergente/alternativa è senza alcun dubbio penalizzata. 

Il Trinità Live Club è nato esattamente per questo motivo, vuole rispondere a questa mancanza creando un luogo di ritrovo per chi ha bisogno di scoprire nuova musica, creare una rete e una scena in una città che sembra morta. Lamentarsi e basta è davvero troppo facile, mi sbaglio? :) 

Pagina Instagram Leyla El Abiri

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