Oggi esce Kali Yuga, il primo disco della metal band torinese Kynesis (qui la recensione e il ink per ascoltare il disco). Ed ecco la nostra chiacchierata con il gruppo.
Mi potete raccontare la storia della vostra band?
La storia dei Kynesis è , in realtà piuttosto articolata. Potremmo parlarne per giorni interi quindi ci limiteremo a riportare gli eventi più importanti.
Innanzitutto, possiamo dire che esistono “due diversi Kynesis”; il primo è rappresentato da un gruppo di ragazzi del liceo e, successivamente universitari che, senza grosse pretese, suonavano un gothic metal (che nei primi anni 2000 era un genere di punta e, soprattutto, piaceva molto alle ragazze…) canonico e senza troppa inventiva, relegato negli stereotipi del genere.
Il progetto era anche cresciuto in popolarità nel corso degli anni, almeno nel circuito cittadino, regalando al pubblico due demo tape e l’apparizione nella compilation “United forces of Phoenix” curata dalla Nomadism Records.
Purtroppo, vari avvicendamenti tra le file della band (mai più donne nel gruppo! Con tutto il rispetto verso il gentil sesso ) e le conseguenti delusioni e frustrazioni, ne decretarono lo scioglimento nel 2006.
Sembrava che, ormai, i Kynesis fossero morti e sepolti, ma la passione di alcuni membri non crollò. Della prima formazione solo Ivan Di Vincenzo (chitarrista), Giacomo Grillone (bassista) e Francesco Grillone (tastierista) decisero di riprendere in mano gli strumenti.
Il periodo successivo fu veramente misero dal punto di vista delle pubblicazioni e dei concerti, ma segnò un importante ingresso tra le fila: il giovane e talentuosissimo batterista Davide Nudo, che regalò nuova ispirazione e vitalità.
Nascono, così, i nuovi Kynesis (moniker mantenuto per sfruttare la poca popolarità ottenuta) un po’ in sordina, senza troppe velleità, più che altro come sfogo settimanale. Alla fine del 2009 però entra nel gruppo Luca Braga (chitarrista), amico di vecchia data, che dona linfa vitale alla band.
Sicuri di avere una line-up forte e coesa, nuova ispirazione e tanta passione, nuovi riff cominciarono a uscire dagli amplificatori. Ci piace porre come data di inizio della vera attività dei Kynesis, Dicembre 2010, con la registrazione di un live show che fece capire che si aveva in mano qualcosa con un certo potenziale.
E’ in quel momento che il gruppo è diventato un vero scopo, un obiettivo serio con dei traguardi comuni da raggiungere. E’ cominciato quindi un duro lavoro di composizione e cura di tutti gli aspetti della band, dalle tematiche alle sonorità, dall’ immagine all’ attitudine.
In due anni, vennero composte almeno una ventina di canzoni, molte scartate, alcune riprese in parte, altre lasciate così com’erano, fino ad arrivare a concepire la stesura di un vero e proprio album. Due anni dopo, grazie all’amicizia con il tecnico del suono Alessio Sogno degli Alarm Studio, si incise il primo singolo “Redrum” a scopo sia promozionale sia didattico in funzione della futura registrazione dell’album.
Tra incisioni, lavori sui suoni, miglioramenti del riffing, ecc, a fine 2013 l’album “Kali Yuga” era finalmente pronto per le stampe, ma, arrivò uno spiacevole inconveniente. Davide, infatti, annuncio’ di voler abbandonare la band a lavoro ultimato, a causa di divergenze stilistiche.
La ricerca di un nuovo batterista terminò su Alessio Sogno, rafforzando il rapporto tra band e studio. Poco dopo Francesco si ritrovò a essere padre e costretto ad allontanarsi. Cominciò comunque la minuziosa ricerca di una label, preferibilmente orientata sul post metal e affini finchè… ci fu la rispsta di Gianni della Red Sound Records!
Nel momento della firma del contratto, Alessio Sogno si è purtroppo tirato indietro, lasciando la band senza batterista. Ora dietro le pelli siede il talentuoso Fabio Losano, nuove canzoni sono pronte… si vedrà!
A livello sonoro, trovo che i vostri brani siano figli del tentativo di conciliazione fra la potenza di chitarre, percussioni e voce e la ricerca della melodia rappresentata soprattutto dal synth. Come siete arrivati a questo tipo di sintesi, tutto sommato lontana dagli stilemi del metal “classico”?
Questa è una bella domanda. Potremmo risponderti che siamo arrivati a questo punto perché non ci siamo mai imposti niente, ma abbiamo sempre cercato di amalgamare le nostre influenze musicali in modo che potessero rendere, senza stereotipie di genere e senza la voglia di appartenere necessariamente ad un determinato filone musicale.
Oltretutto, è vero che a noi tutti il metal piace in quasi ogni sua forma dal doom al black alle sonorità più moderne, ma siamo anche grandi fan di Crippled Black Phoenix, Pink Floyd, Tangerine Dream, CCCP/CSI, Nerorgasmo, Ufomammut, Morkobot, Prodigy, Infected Mushrooms, Sunn O, Fabrizio De Andrè (giusto per citarne alcuni) insomma di generi diversi dal metal e tra loro.
Ci accomuna la grande passione per il post-metal perché, a suo modo, può essere visto come l’unione del metal con altri generi musicali da esso distanti. Ci affascina anche molto il desiderio di sperimentare, di cercare e ricercare, di creare nuove sonorità.
Molto importante per noi è anche la ricerca del giusto pathos e i synth, con la loro potenzialità sonora, sono un ottimo mezzo per evocarlo a livello melodico, mentre basso, chitarre e percussioni, delineano l’andamento ritmico delle emozioni e suggestioni.
Quindi l’unione di ritmiche aggressive e di synth melodici è stata la naturale conseguenza della summa delle nostre influenze ed esperienze unite alla ricerca del giusto feeling e della giusta vibrazione.
Mi sembra di intuire una tematica mitologica all’interno delle canzoni del vostro disco: di che cosa parlano i vostri testi e da che cosa avete preso spunto?
Giusto perché forse la risposta sulla bio è stata troppo corta… dunque, più che di tematica mitologica, potrebbe trattarsi di tematica metafisica/psicologica con richiami mitologici.
In realtà nel titolo, nei testi e nell’ artwork, la parte mitologica è usata più che altro come modello simbolico atto a concretizzare una realtà astratta. Il simbolo, in effetti, è la diretta spiegazione e comunicazione di un concetto, di un’idea o di un tema più elaborato che comprende lo svolgimento di diverse azioni.
Per esempio, quando si vede un cartello stradale, un triangolo bianco a bordi rossi con la punta rivolta verso il basso, scatta automaticamente in noi il concetto di “Precedenza”, che consiste nel rallentare, fare attenzione, guardarsi intorno, pensare alla polizza assicurativa e a quanto potrebbe aumentare in caso di incidente, controllare che non arrivino altri mezzi, e scegliere il momento in cui attraversare l’incrocio.
Una serie elaborata di azioni, attraverso l’uso di un concetto comunicato da un simbolo. E’ così che l’utilizzo dell’ iconografia induista va interpretata. Le tematiche delle canzoni, seppur diverse tra loro, hanno un filo conduttore che aiuta a delineare il quadro di un periodo e della relazione dell’ uomo con esso e, in ognuna, viene utilizzato un ulteriore simbolo per comunicare un concetto più grande.
“Enter the Dark Age” prepara l’ascoltatore, lo porta emotivamente nel kali yuga, lo guida verso gli aspetti più oscuri della psiche e della spiritualità umana. E’ con “I Iconoclast” che si apre il primo momento di sconforto quando ci accorgiamo che siamo controllati da dogmi e imposizioni (politica, religione, società) del tutto contrari alla natura umana.
Il simbolo è il personaggio di cronaca Aldo Bianchini, colui che in una chiesa di Viareggio, durante una messa, si strappò a mani nude i bulbi oculari, sotto il comando di una voce a suo dire, divina.
“Gods from Ancient Skies” invece riprende la “Teoria degli antichi astronauti” , simbolicamente rappresenta ciò che non conosciamo e che non si vuole che si conosca, ciò che deve essere occultato perché anticonformista, anti-sisitema.
“The Screamer” parla di Rudra il Dio Hindu della tempesta, l’“urlatore” come epiteto, colui che scatena la violenza, intesa come guerra, odio, distruzione di qualcosa che non piace per creazione di qualcosa di gradito, spesso a discapito del prossimo.
Ed è qui che interviene “Karma” , il principio di causa-effetto. Dominati da dogmatismo, ignoranza e violenza voluti dai poteri forti, gli effetti , come naturale conseguenza, si ripercuotono nella nostra routine.
Ecco che “Redrum” è la sensazione che può provare un omicida nel momento in cui vibra il colpo finale, una violenza non spietata e assoluta, ma passionale ed evocativa, intrisa di sentimenti contrastanti, un po’ come succede nella nostra quotidianità, quando si litiga per futili motivi per essere poi distrutti dal senso di colpa.
“Ex-stasis” è sete di potere, è estasi di dominazione, è la soddisfazione di essere privilegiati e intoccabili, è il pensiero che può avere un potente banchiere o un funzionario corrotto di un governo, in un momento di profonda riflessione, consapevole del fatto che ogni suo vantaggio è causato dallo sfruttamento della popolazione che , impotente, soffre sotto il giogo delle regole del sistema.
Ma l’Uomo è anche puro spirito e, se solo avessimo coscienza di ciò, i nostri “Chakra”, le nostre energie divine ci potrebbero fare da guida verso una rivoluzione spirituale, in questo caso simboleggiata da una rivoluzione sociale, per poter diventare una “Pancosmic being”, una creatura legata al destino dell’ universo, che vive in esso e con esso, in perfetta armonia, fino a capire che, in realtà, noi stessi siamo l’universo, diventando una “Monad”, ultima unità indivisibile, camminando per una città deserta, soli perché saremmo, appunto, unici e indivisibili, contenendo il cosmo dentro ed intorno a noi, anzi, dentro ed intorno all’Io.
Il quadro finale è quindi un periodo oscuro, pregno di ignoranza e sofferenza che però, prima o poi, come accade in tutto ciò che è ciclico, avrà una sua fine da cui comincerà un nuovo inizio. Tutto ciò riconduce al mito induista del “Kali Yuga” , che racconta di un’ età del tutto simile a quella esplicata attraverso le nostre canzoni.
Il Kali Yuga è adesso! Da qui il titolo del nostro album e la conseguente simbologia mitologica utilizzata. Le ispirazioni sono state intorno a noi ogni giorno, ogni momento, unite al fascino di tutto ciò che è esotico, all’ amore verso la filosofia, la psicologia e al desiderio che le cose possano andare meglio. Noi abbiamo detto la nostra, ora sta a voi trarre le vostre conclusioni ed esporre il vostro punto di vista mentre vi godete l’età oscura!
Posto che non posso che apprezzare la citazione kubrickiana, come nasce “Redrum”?
Redrum è una canzone alla quale siamo particolarmente legati perché è stata scelta come singolo promozionale. E’ una canzone carica di pathos che non possiamo fare a meno di suonare a ogni evento a cui siamo invitati.
Nasce dalla ricerca di una simbologia forte per evidenziare il concetto di omicidio. Per evitare le trite e ritrite “the killer”o “the murder” o altri clichè del metal, abbiamo pensato a “Shining”, film in cui compare l’assassino perfetto, portato alla follia non in quanto pazzo fine a se stesso, ma deviato a causa delle circostanze.
La scritta rosso sangue sulla porta non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, era la parola perfetta da utilizzare come titolo.
“Ex-Stasis” invece è l’unico brano cantato in italiano: perché questa scelta?
Ex-stasis è stata più che altro un test. Se si vuole esprimere un concetto di un determinato spessore, la propria lingua madre è senza dubbio la migliore da utilizzare.
Si avevano molte remore, l’italiano è una lingua complessa, costituita da parole lunghe e dal suono molto melodico, che, pensavamo, si sposasse poco con una voce straziata e una musica aggressiva.
Abbiamo provato, il testo di Ex-stasis è forse il più complicato e astratto che abbiamo mai scritto, con concetti che in inglese non saremmo mai stati in grado di esprimere, ma alla fine siamo stati molto soddisfatti dell’ utilizzo dell’ italiano al punto che in futuro sarà molto più usato.
Sicuramente è il testo che a noi piace di più e che esprime al meglio ciò che avremmo voluto comunicare. E’ stata una piacevole sorpresa.
