Dopo la pubblicazione di due dischi dal retrogusto fortemente “alternative”, la band campana Malmö torna sulla scena con un ep dolcemente violento, interamente strumentale; la visione di un vulcano in eruzione diventa la mappatura della nostra profonda inquietudine. Potevamo non fare qualche domanda alla band?

Zolfo è una metafora vulcanica che raccoglie la volontà di “dipingere” musicalmente un fenomeno fisico, ma soprattutto interiore… E’ così?

Abbiamo sempre sentito un forte legame con i vulcani, sia per la nostra collocazione geografica vivendo molto vicini al Vesuvio, sia come metafora del nostro modo di fare musica: momenti di estrema quiete interrotti da fortissime esplosioni. L’approccio a un lavoro strumentale ci ha dato la possibilità di sviscerare tutto ciò che avevamo dentro, ampliando soprattutto il nostro panorama sonoro, inserendo nuovi strumenti ed esplorando nuovi immaginari. Il risultato è una versione dei Malmö più estrema e dilatata.

Quattro tracce che articolano momenti diversi dell’esperienza vulcanica. Vi va di raccontarceli?

I titoli dei brani sono tutti legati ai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, fuoco, aria e ogni elemento è collegato a un momento delle eruzioni vulcaniche. Abbiamo cercato un filo conduttore che ispirasse le atmosfere dei brani: dal mare in tempesta agitato dai movimenti sismici, alla terra che si crepa per la fuoriuscita del magma, dalla corsa irrefrenabile della lava, alle esalazioni sulfuree. 

Tra le tracce, avete deciso di estrarre Sciara come singolo: in casi come il vostro, cosa vi ha spinto a prediligere questa traccia rispetto alle altre?

Di solito la scelta del singolo ricade sempre sul brano più orecchiabile. Nel caso di un disco strumentale il discorso è più complesso; nel nostro per esempio, abbiamo scelto il brano più distante alle precedenti produzioni, in modo da mettere subito in chiaro tutto ciò che di nuovo e di diverso c’è in questo album. 

Raccontateci come nasce l’idea di un lavoro interamente strumentale, soprattutto alla luce delle produzioni precedenti. 

Il desiderio di fare un disco strumentale è una cosa che ci portiamo dietro da anni e abbiamo colto l’occasione anche per ripartire dopo gli avvenimenti degli ultimi anni. Il nostro secondo disco, Rotazione rivoluzione, è uscito a gennaio 2020 e da un giorno all’altro ci siamo ritrovati a dover cancellare un intero tour. Dopo un primo momento di demoralizzazione e in un momento storico in cui la musica usa e getta ha trovato terreno ancora più fertile, abbiamo ritrovato l’entusiasmo e deciso di estremizzare ancora di più il nostro modo di fare musica, cercando di creare veramente un’alternativa radicale. 

Avete lavorato in studio con artisti di calibro: ci raccontate qualcosa in merito?

Premettendo che Zolfo è stato prodotto, registrato e missato da noi, i due precedenti album, Manifesto della chimica romantica e Rotazione rivoluzione sono stati prodotti, da quello che ci piace chiamare “il quinto Malmö”, Massimo “Blindur” De Vita. Con lui abbiamo un rapporto umano profondo e anche di stima professionale. Anche se non in prima linea il suo apporto non è mancato nemmeno per Zolfo. Sempre nei due dischi precedenti abbiamo lavorato con Paolo Alberta, fonico dei Negrita, Ligabue e tanti altri artisti. Altra figura fondamentale è Biggie Birgisson, storico fonico dei Sigur Ros.  Biggie è l’unico di cui ci siamo avvalsi anche in questa nuova esperienza e ha curato per noi il mastering così come per i due dischi precedenti.

In Italia sembra star ripartendo la diffusione di linguaggi diversi, che possano anche rompere gli schemi, come nel caso del vostro Zolfo. Cosa manca alla musica alternativa per tornare a essere davvero tale? Esiste, insomma, la possibilità di una rinascita underground di forme musicali diverse, in un sistema musicale come il nostro?

Quello che manca o forse quello che si è perso negli anni è l’approccio di molte etichette indipendenti alla produzione di musica alternativa (fortunatamente non XO la factory :)). Come diceva qualche anno fa Manuel Agnelli, anche le etichette indipendenti ora vogliono un prodotto già pronto per il mainstream, non si osa più rischiare, non si è più alla ricerca di qualcosa di nuovo. È un po’ una confort zone che ha saturato ormai il mercato e che taglia fuori tutto ciò che non è allineato. Affannarsi per stare dietro al mercato, per una band come la nostra, è uno sforzo quasi inutile, tanto vale fare ciò per cui ci si diverte.

Non ci resta che augurarci di vedervi dal vivo. Avete in programma qualcosa?

Dopo l’uscita del disco contiamo di portare in giro il nuovo lavoro con una sorta di concerto in due set: il primo con i brani di Zolfo e poi un secondo con le canzoni dei due album “cantati”

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