Marco Castello, “Quaglia sovversiva”: la recensione

marco castello

Quando si pensa a una carriera da musicista alternative che, passo passo, si conquista sempre maggior seguito e consenso, si dovrebbe pensare a Marco Castello. Esce oggi Quaglia sovversiva, terzo disco del trentaduenne siracusano, sempre più figura di culto e di riferimento.

Laureato in tromba jazz a Milano, polistrumentista capace di suonare, oltre alla tromba, batteria, chitarra e piano, dopo una serie di avventure che hanno coinvolto anche Erlend Oye dei Kings of Convenience, ha iniziato a pubblicare con 42 records, arrivando ai primi due dischi: Contenta tu del 2021 e Pezzi della sera nel 2023.

Marco Castello traccia per traccia

Si parla di benzinai in Pompe, introduzione al disco morbida e piuttosto estiva, ricca di immagini e di metafore sulla “vita a benzina”, fino a estreme conseguenze narrative di una storia nata dal quotidiano. Con la classica mescolanza italo/sicula, con ascendenze che salgono fino a Battisti e Pino Daniele, Castello introduce al nuovo disco con un’aura vintage ma dinamica e, abbastanza letteralmente, esplosiva.

Più morbidi i ritmi di Vessenali, con qualche istanza corale e qualche arpeggio, per un racconto anche in questo caso ricco di istantanee abbastanza fulminanti, capace poi di digradare in declivi strumentali quasi jazz.

Si esplorano poi i Nascondigli, a ritmi alti e punteggiati. Anche qui le immagini sono ricche di mare e di scogliere, raccontando piccoli aneddoti e disavventure divertenti. Una storia di attrazione sessuale molto esplicita, ma anche di mazzate, è narrata in modo molto soffice in Mutu E Scippi Coppa, allungata su una bella linea di basso.

Balla e fa ballare Editto dal sottoscoglio, che prende le mosse dal rapporto non sempre facile con gli Stati Uniti e con la base di Sigonella, con una immaginaria missione di vendetta sulla base Nato.

Ritorna a ritmi morbidi Fare ninna, che culla con calma, per terminare fra cicale e messaggi sostanzialmente rivoluzionari. Una dualità radicale quella di Chiuvìti/Non Chiuvìti, che parte dall’annoso problema dell’acqua in Sicilia, per parlare poi di Santa Lucia, di polizia, carabinieri e criminali.

Con un preciso riferimento a un siracusano molto famoso, ecco poi Eureka: Archimede parla un siciliano molto moderno, in una canzone che corre veloce e che si colora di movimenti quasi prog, prima di iniziare a danzare sul posto su idee molto mediterranee.

Balli più vicini nel tempo sono quelli che caratterizzano All’acqua ghiacciata, che scivola con moltissimo groove e con tagli narrativi sempre singolari. Panorami e prospettive cittadine, con una speranza sul futuro (e qualche piccola polemica nel “finalmente meno artisti e più artigiani”).

Si chiude con Scoglio volante, tra mitologia e geografia, con una qualità poetica che però si coniuga benissimo con le ritmiche vertiginose del brano. Raccontando il “bruciare antico” che caratterizza gran parte dei brani del disco.

Singolare e unico, per molti versi, il modo di scrivere di Marco Castello lascia spesso stupiti. La dualità del registro (o siciliano oppure un italiano per molti versi aulico, sicuramente ricercato) si rispecchia negli argomenti trattati, che riguardano il quotidiano oppure il piano mitologico/storico/antico, che comunque ha dato origine al quotidiano in maniera quasi diretta.

E a prescindere dal registro e dal contesto, sempre un lavoro di lima sui suoni, adattati in modo da accogliere un torrente continuo di rime e di pensieri e di idee, come se proprio non si riuscisse a contenere questa creatività, ma fosse possibile costruire degli argini saldi per convogliarla nelle direzioni giuste. C’è una potenza naturale in queste canzoni che è difficile spiegare ma è facilissimo apprezzare, basta lasciarsene travolgere.

Genere musicale: alternative, cantautore

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Pagina Instagram Marco Castello

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