Il giovane cantautore marchigiano Maredè racconta una storia d’amore nascosta tra scatoloni impolverati e parole non dette nel suo nuovo singolo Polvere, fuori ora per la label Pepperpot (con distribuzione ADA Music Italy) e con la produzione di Alessandro Forte (Galeffi, Aiello).
Polvere è il secondo singolo del progetto Maredè, con il quale prosegue il viaggio dell’artista attraverso sonorità spiccatamente elettro-pop. Il brano pertanto si veste di un sound molto più cupo rispetto alla spensieratezza e alla freschezza anni ‘80 di “Settembre”, ma sono sempre protagoniste le tastiere e i synth, oltre ad una batteria cucita ad hoc sulla scrittura del ritornello.
Il singolo nasce per piano e voce, a partire da una frase tanto semplice quanto simbolica per il musicista originario di Senigallia: «Fuori da un locale io ho deciso che non ci sto più, ad aspettare ore e a supplicare un po’ d’amore», come se si trattasse di una sorta di presa di coscienza rispetto ad un passato vissuto piuttosto ingombrante.
Durante la scrittura di Polvere, Maredè ha lavorato per fare spazio dentro di sé e liberarsi da una serie di pensieri, riflessioni, ma soprattutto ricordi troppo pesanti. La canzone racconta quello che rimane della fine di una storia d’amore, due vite che s’intrecciano e poi tornano ad essere due binari paralleli. E cosa ne rimane di quell’incontro, di quello scambio così forte, intenso, viscerale?
C’è una frase di Lucio Dalla che dice “Dove saremo io e te domani? Ci annuseremo da lontano come i cani?”. Per me questa frase è di una potenza assoluta, perché penso ai muri che mettiamo nella nostra vita con le persone che amiamo, magari per difenderci dal dolore. Nel corso del tempo, i muri diventano dei templi, quasi sacri e impossibili da profanare. E come lo butti giù un tempio? A volte, invece, basterebbe così poco: un messaggio, un incontro, un caffè, con l’intento di fare gli scatoloni del nostro passato e traslocare nel presente. Sul passato tendiamo a costruire dei veri e propri castelli di mancanze, salvo renderci conto che le mancanze spesso e volentieri sono solo le nostre, di cui l’altra persona non è che una semplice immagine sfocata. Anche tutto il lavoro visivo su “Polvere” parte proprio da questo: da un trasloco in una casa vuota e da una scatola che – diversamente dalle altre – è piena di luce