Nicolò Carnesi, “Ananke”: la recensione

nicolò carnesi

Ananke è il nuovo album di Nicolò Carnesi, quinto della sua discografia. Un lavoro nel quale il cantautore esplora sonorità inedite, ampliando il suo linguaggio musicale e confermando la profondità della sua ricerca artistica.

L’artista siciliano mette al centro il Mito, dando voce a un’esigenza profonda: entrare in contatto con dimensioni che, pur estranee al nostro tempo, lo attraversano, rivelandone le crepe.

Da qui il titolo dell’album, Ananke: figura della mitologia greca, dea della Necessità, che rappresenta la forza che sovrasta la volontà, ciò che è necessario che accada, senza possibilità di deviazioni dal percorso.

Otto tracce che partono dal cantautorato per evolversi in una dimensione strumentale, aprendosi a scenari onirici e perturbanti: i suoni emergono in modo fluido e indefinito, mentre sintetizzatori, chitarre fuzz e campionamenti di vinili danno voce concreta alle suggestioni nate dai racconti.

Nicolò Carnesi traccia per traccia

L’apertura dell’album è affidata a Prometeo, che si distende in modo placido e leggermente malinconico, introducendo il mood del disco: la voce di Carnesi chiede all’Oceano di parlare, fa riferimento al vaso di Pandora (che era la cognata di Prometeo) mentre le vicende del Titano che amava gli uomini prendono vita. Il brano, che si estende oltre gli otto minuti, vive molte vite, un po’ come il riferimento mitologico del titolo. Il finale con l’aquila che becca il fegato di Prometeo fa comunque riferimento a istinti di libertà.

Movimentati e quasi dance i ritmi di Orfeo, che affronta la dimensione del mito, della tentata e fallita liberazione di Euridice, attraversando sonorità prima impetuose e poi di nuovo psichedeliche e orientaleggianti.

Più morbidi gli ambiti entro i quali si racconta la storia di Narciso, con il basso che guida il percorso lungo linee molto sinuose. Anche qui c’è una trasformazione e un’accelerazione, per raccontare gli egocentrismi, anche floreali, del personaggio.

Questioni di ninfe senza voce con Eco, delicata e sommessa, che crea un’atmosfera sognante. Intermezzo rasserenante e un po’ catartico anche quello di Motel Olimpia, che fissa la volontà di un momento “diretto all’eterno”, in vista di un ritorno all’Oceano.

Ma ecco che poi Zeus si arrabbia!, con tanto di punto esclamativo ad aggiungere enfasi a un breve intermezzo. Più smussati i contorni di Amore e Psiche, che si fa sintetica e assume estetiche glitch e frammentate, ma senza eccessivi nervosismi.

Il disco si chiude con Stavamo così bene sdraiati dentro l’uragano, che in realtà sembra partire dall’occhio del ciclone, per disegnare arie piuttosto morbide e accoglienti. Il pezzo però si spezza in due e lascia spazio a escursioni e piccoli florilegi sonori.

Profondo e quasi mistico, Nicolò Carnesi sembra voler dare forma e sostanza con questo disco a tendenze che si sono sempre indovinate all’interno della sua musica. Ma qui le idee di dream pop e di psichedelia che il musicista siciliano ha sempre inserito nei suoi album trovano un compimento e una direzione.

I miti greci forniscono un substrato interessante ma non pedante, né slegato dalla realtà quotidiana (queste cose non furono mai ma sono sempre) perché le emozioni umane sono ciò che accomuna generazioni, epoche, dei, eroi e uomini, al di là dello spazio e del tempo.

Genere musicale: cantautore

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