Secondo disco per i Giufà, che arrotondano il proprio sound gypsy punk occupandosi per lo più di storie mediterranee non prive di risvolti comici in Trinakristan. Il disco è stato inciso al Busker studio di Rubiera.
Giufà traccia per traccia
[soundcloud url=”https://api.soundcloud.com/playlists/155713253″ params=”color=ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false” width=”100%” height=”450″ iframe=”true” /]Il disco si apre con la title track Trinakristan, che dopo un breve momento elettronico si cala in sonorità da festa gitana, anche se con accenni di percussioni quasi tribali. Il pezzo, molto ritmato, è in dialetto siciliano.
La seconda avventura di Trinakristan è I Re della città, questa volta cantata tutta in italiano e in compagnia della band pugliese Municipale Balcanica: una storia di cattivi rapporti con l’autorità costituita. E che ci siano problemi in questo senso lo conferma anche i ritmi ossessivi dell’ironica Dalla Grecia alla Sicilia, una sorta di My Big Fat Greek wedding decisamente riluttante e a ritmi molto baldanzosi.
Ubriaco non prevede cambi di stile, fa largo uso di fiati ma anche l’elettronica e una sibillina chitarra elettrica si fanno sentire. Hotel Gypsy si presenta subito in modo piuttosto sarcastico, e poi spinge in modo deciso sull’apporto dei fiati.
Spettacolo piuttosto dimesso quello in programa al Circo dei folli, metafora con percussioni marcate. Non esiste l’amor riporta a galla nientemeno che un antico brano di Adriano Celentano, mentre Radio Bucarest si configura come una danza quasi esclusivamente strumentale. Vodka e Molotov continua con ritmiche simili, mentre il disco si chiude sulle influenze orientali di Vento dell’Est.
Indizi di Buscaglione, Carotone, balkan sound, perfino De André si spargono a piene mani in un disco molto divertente, soprattutto nella prima parte, e anche un po’ al di fuori del genere di riferimento per l’utilizzo disinvolto di strumenti e ritmi non troppo tradizionali né troppo gypsy.