La recensione: “Movimento Artistico Pesante”, Movimento Artistico Pesante

Valentino Torresendi, Thomas Cordioli e Gianmaria Gobbetti sono di Verona, hanno una certa attitudine per la musica strumentale e hanno fondato il Movimento Artistico Pesante: fin qui, le ovvietà.

Il fatto è che il Movimento Artistico Pesante ha anche pubblicato un disco di vibrante e furibondo post-rock e ha scelto di lasciarlo senza titolo, ed è di questo che andiamo a parlare.

Le ballate selvegge del trio si muovono sulle tracce del noise facendo moderato utilizzo dell’elettronica e seguendo piuttosto l’ispirazione della chitarra e della batteria, per brani strumentali che di rado superano i cinque minuti.

Si parte con Bardolino: a giudicare dal titolo sembrerebbe volersi riappropriare delle terre di origine del trio, che come si diceva è di provenienza veronese. Ma poi scarti il pacco e ci trovi chitarre fiammeggianti, percussioni irose, un’atmosfera magmatica che poco si sposa con i dolci declivi coperti dalle vigne.

Non sarà l’ultimo caso di straniamento del disco, che prosegue con un pezzo molto più dolce, Baikonour: siamo sempre nella categoria dei toponimi, ma bisogna spostarsi in Kazakhstan, nella città sede della più vecchia base di lancio spaziale del mondo. Il decollo del pezzo arriva in modo graduale: dopo un’introduzione molto morbida, la tensione cresce fino a un finale in sospeso.

Si accende poi il ritmo rapido di Disco Baldo, che ha molte assonanze con l’indie rock degli anni 2000. Il pezzo ha una coda ideale in II, che riproduce gli stessi movimenti ma con effetti sonori differenti e ritmi più lenti.

Molto più schizofrenica è Spreewald (si torna sui nomi di luogo: è una foresta situata a circa cento chilometri da Berlino). Nel pezzo si alternano ritmi diversi con esplosioni improvvise, discorsi in tedesco, tempeste sonore e il fantasma dei Mogwai che aleggia su tutto.

KFK prosegue sulla stessa falsariga, tra accelerazioni e rallentamenti che mettono in evidenza tutti i colori della chitarra di Torresendi. Quindi, che cosa attendersi alla settima posizione di una tracklist di un disco regolare? Una bella Intro da un minuto e venti o giù di lì, evocativa e sognante.

Ci pensa Pezzo dei Queen (ma dove li trovano, certi titoli?) a riportare tutti sulla terra, a colpi di rullante: il brano si spezza a metà dopo l’introduzione e porta in superficie un’atmosfera di vaga inquietudine.

Si chiude con Van Basten, e dopo il pezzo dedicato a Roberto Baggio dai VeiveCura si potrebbe anche iniziare a leggere una tendenza nella nuova musica italiana, che guarda con interesse al vecchio calcio italiano e internazionale. Il pezzo è veemente come al solito ma riesce ulteriormente ad andare in crescendo, come verso una pista di decollo.

Il disco scorre veloce e lascia tracce di pneumatico sull’asfalto: la coesione del trio è molto evidente e le attitudini ai rispettivi strumenti anche.

Compatto, duro dove serve, Movimento Artistico Pesante trova il proprio ritmo e lo segue fino alle estreme conseguenze. Considerando che si tratta di un esordio, l’emissione di potenza è davvero rimarchevole, ma anche ben controllata.

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