Con la produzione eccellente di Cesare Basile è uscito da un paio di giorni Piena di(s)grazia, secondo album di Roberta Gulisano. Siciliana, muove i suoi primi passi nel mondo della musica folk, intraprendendo successivamente gli studi accademici in musica jazz. Da lì un curriculum ricco di riconoscimenti e di un primo disco autoprodotto, Destini Coatti, uscito nel 2012.
Nel 2015 si realizza l’incontro con Basile, che produce il nuovo disco, uscito per l’etichetta Private Stanze. Storie spesso molto dure, raccontate con voce forte e con occhio critico e attento alla realtà presente e passata, soprattutto siciliana ma non solo.
Roberta Gulisano traccia per traccia
Il primo brano è Piena Di(s)grazia, che porta in nuce già gran parte delle storie e dei suoni presenti nell’album: si parte dal pianoforte e si approda all’organo, a sottolineare quel senso religioso/blasfemo che caratterizza i testi del disco, sempre legati alle storie di oggi (e non solo), sempre non troppo lontani dal confronto e dallo scontro con la religione.
Con Giru di Ventu si passa al dialetto, per un racconto minimalista dal punto di vista sonoro. Arpeggi e ritmo da filastrocca ne La Brigante, che non può non richiamare alla mente De André, ma anche esempi più recenti come Salvo Ruolo e le sue storie sull’altro lato del Risorgimento.
Si procede con Ave Maria, altra preghiera rabbiosa, questa volta accompagnata da una chitarra particolarmente acida, a sottolineare i vari aspetti, anch’essi acidi, della condizione femminile italiana, anno 2016.
Calma apparente quella che contraddistingue Brava Bambina, in cui il testo stride con la dolcezza della melodia. Si torna al dialetto e all’inquietudine con Mennula Amara, con riferimento al poeta Giovanni Formisano, mentre Mattanza fa di nuovo ricorso alla scissione tra un contorno musicale molto pacifico, a fronte di un testo molto duro.
Così come durissimi sono i toni di Controcorrente: qui il contrasto stridente è fra la tragedia quotidiana dei migranti nei nostri mari e la nostra imperiale indifferenza, filtrata attraverso i media complici. L’affresco è completato da Padre, il MUO-stro, che conclude su suoni ecclesiastici e si schiera apertamente contro l’installazione del sistema satellitare MUOS a Niscemi.
Se si vuole, si può definire l’album di Roberta Gulisano politico, militante e simili. Fatto è che la cantautrice fa principalmente il proprio mestiere: osserva con occhio critico la realtà circostante e la inscrive in canzoni forti, dure e affusolate come sassi sulla spiaggia. Un disco che si nutre di convinzioni forti e che centra perfettamente i bersagli che aveva mirato.