Sangue del tuo sangue è il nuovo (e molto duro) disco dei Requiem for Paola P., band che mancava dalla pubblicazione di dischi inediti da sei anni (qui la recensione). Abbiamo scambiato qualche chiacchiera con loro.
Che cos’è successo in questi sei anni dall’ultimo vostro lavoro?
Ciao TRAKS! Be’ riassumere tutto in poche righe non è facile. Fino al 2012, quindi per due anni dopo l’uscita di Tutti appesi abbiamo suonato un po’ ovunque per la penisola facendoci dei gran km e dei gran sorrisi, poi son successe tante cose, soprattutto cambi di line up continui che hanno frenato la composizione e il lavoro di sala prove.
C’è voluto del tempo per ritrovare quella serenità perduta, servivano persone giuste e Ardi (batteria) e Baba (chitarra, voce, synth) son state quelle perfette per aiutare me e Vava a rincollare i pezzi della band. Io avevo dei riff e anche gli altri avevano idee, quindi è bastato poter passare delle ore con gli strumenti in mano e il resto è venuto da sé.
C’è stata una cura particolare nel mix e nel discorso sonoro in genere riguardo a questo disco, non così comune in una produzione indipendente. Ne volete parlare un po’ più nel dettaglio?
Per la ricerca sonora e dei mix abbiamo cercato di seguire una traccia comune a quella di ambienti musicali che seguiamo e stimiamo. Non è stato facile,visto il tempo effettivo per le registrazioni non è stato molto. Abbiam tenuto una batteria con suoni molto grossi e naturali registrata a Milano al Real studio e per chitarre e basso abbiamo provato a non sovraccaricare con suoni troppo compressi e irreali, il resto è venuto grazie a Daniele del Blues Cave studio e a un trattamento di mix audio “vecchio stampo”.
Come nasce “Tutti questi piccoli cavalli”?
Sentivo l’esigenza di un pezzo che uscisse dal coro in modo netto e distinto.Nel disco precedente c’era una ghost track atipica rispetto al disco stesso, se vuoi era una traccia un po’ modalità Massimo Volume (band immensa…), e il testo era venuto così, di getto. Abbiamo provato a registrarla proprio l’ultimo giorno che eravamo in studio con Icio, all’hate di Rosà, quasi improvvisandola con un giro di chitarra bellissimo che Claudio aveva scritto in precedenza e che ancor ancora non avevamo utilizzato.
Ci era sembrata strana ma affascinante e l’abbiamo tenuta cosi, buona la prima.Credo sia una delle tracce migliori e più intense di Tutti appesi, pensandoci a distanza di tempo. Così, come dicevo, da quell’esigenza di un pezzo differente, avevo questo giro un po’ lento, ho scritto il testo ed ho sottoposto agli altri la cosa con l’idea di portarla in una dimensione un po’ Calexico (band che adoro…), inserendo anche dei fiati.
Anche ai ragazzi piaceva la cosa e insieme abbiamo lavorato in quella direzione, lasciando però la traccia viva nel disco e non più “nascosta”. Marco e Kugio degli Askatasuna ci hanno raggiunto in sala prove mettendo le loro parti e il risultato ci è parso convincente, così è finita là, nel mezzo. Siam piacevolmente colpiti dal suo risultato e chissà che in futuro non lavoreremo ancora con una sezione fiati.
Requiem for Paola P.: suoni più naturali e veri
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Guarda al di là di marche fini a se stesse che aprirebbero anche discussioni sensate ma assolutamente noiose ai più, il fatto più importante è che abbiam lavorato in direzione di un suono un po’ “vecchio”, nel senso analogico e polveroso del termine. Suoni nati e sviluppati anni addietro per esser come dicevo prima, più naturali e veri possibili.
Anche i microfoni, tecniche di ripresa e i banchi mixer son stati curati e scelti per rispecchiare questa caratteristica. Tanto schiaffo di valvole e lavoro su legni, pelli e quant’altro di “reale”, fino al mal d’orecchie e alle dita rotte. Qui in mezzo varie chitarre,casse e pedalini che non sto manco ad elencare sennò non finisco più!
Bella novità che ti menziono invece e che abbiamo usato una cassa per chitarra Magnitude costruita da Gianluca Turrini, fonico già con One dimensional Man, Il Teatro degli Orrori, Jon Spencer, ecc… nonché noto barzellettiere tra furgoni, backstage e localacci vari. Artigianato italiano di qualità con un suono pazzesco.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?
Be’ ce ne son molti. Personalmente in Italia negli ultimi anni ho adorato e adoro il Teatro degli Orrori. Gruppo musicalmente incredibile e dai testi intelligenti. Mi piace l’idea del voler comunicare qualcosa che abbia un senso e è sempre più divenuta un’esigenza fondamentale con gli anni. Poi chi ascolta ci vede quel che vuole, ma questo è un altro discorso.
Altri riferimenti importanti possono esser Ornaments, Giorgio Canali, Il Buio, Three in one gentleman suit, The Death of Anna Karina, ecc… sono molti e vari. Anche verso i cantautori recenti abbiamo sempre l’orecchio teso, cosi come verso i sempreverdi De Gregori o De Andrè, per quanto mi riguarda.
Siamo molto attenti a quello che si suona nell’underground italiano e crediamo ci sian realtà bellissime e sempre in evoluzione. Peccato la gente se ne interessi poco o quantomeno solo quando qualche giornalaccio ha l’esigenza di parlarne, per ragioni più o meno di interesse proprio. Bisognerebbe esser sempre e più attenti nel seguire quello che succede vicino a noi prima di fiondarci nelle varie Americhe, posto che non è mai facile seguire, scovare e rischiare nelle realtà piccole.
In questo ci sta anche il solito discorso trito e ritrito di internet,che come sappiamo ha contribuito tanto,nel bene e nel male,alla nascita di tantissime nuove band e movimenti vari, aumentando da una parte e riducendo dall’altra, la soglia di attenzione di tutti noi.
Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?
Anche qui io faccio della gran difficoltà, tutti sanno non riesco a esser conciso, quindi rispondo dicendoti tre dischi che ho adorato all’infinito e che mi hanno segnato tantissimo.
ANDRE:
Fugazi -The argument
Face to face-Ignorane is bliss
Il teatro degli orrori-Dell’impero delle tenebre
Questi tre hanno smosso delle cose dentro di me ed mi hanno indirizzato verso realtà differenti rispetto a quelle con cui ero cresciuto,con questi ascolti,qualcosa è cambiato.ovvio avrei altri 300 titoli, ma mi fermo qui!
BABA:
Refused – The Shape of Punk to Come
Mars Volta – The Bedlam in Goliath
Cursive – The Ugly Organist
Questi i dischi che mi hanno maggiormente influenzato da un punto di vista chitarristico, e che ho amato e amo tutt’ora per la visione di insieme che se ne deduce.