Sam and the Black Seas, rabbia positiva che monta dentro

sam and the black seasSi chiama Silver l’esordio di Sam and the Black Seas, gruppo indie-folk che ha inciso il disco muovendosi tra Italia e Inghilterra. Registrato da Daniele Falletta, mixato da Matteo Sandri al Mono studio di Milano e masterizzato da Giovanni Versari a La Maestà studio, il disco include nove brani in inglese dai molti colori differenti. Li abbiamo intervistati.

Potete riassumere la vostra storia fin qui e spiegare il nome della band? 

Tutto nasce nel 2012, avevo canzoni scritte a quattro mani con Giovanni D’Avanzo, arrangiate per chitarra, cajòn e violoncello. Al ritorno da tre mesi australiani, dove son stati scritti la maggior parte dei brani di Silver, ho contattato Mattia e Cisco con i quali avevo già suonato in altre band per proporgli di suonare assieme, qualche prova e abbiamo incominciato a fare live. Dopo un paio di ep registrati e un buon numero di cambi di formazione, tra le quali si è aggiunto Andrea, siamo finiti a suonare in Sardegna, dove abbiamo incontrato Marco che ci ha proposto di collaborare con la sua etichetta. A quanto pare le Isole scandiscono i nostri momenti più importanti. In questo anno e mezzo di collaborazione con Atomic Fat abbiamo suonato tanto a Londra, girato materiale video e soprattutto registrato il nostro primo disco, Silver.

Il nome Sam and the Black Seas è nato giocando, ognuno di noi ha scelto un luogo, un numero e un colore. Inizialmente era ‘Seven Black Seas’, ma Thomas, socio fondatore con Marco di Atomic Fat, l’ ha cambiato in Sam and the Black Seas, appunto.  Ha vinto lui ai voti… ah no, in realtà ha deciso così e basta, dicendo che “non siamo una band metal”.

Avete “preparato il terreno” per il disco pubblicando ben quattro singoli e video prima dell’uscita: com’è nata questa “strategia”?

Passiamo la palla alla nostra etichetta Atomic Fat che ha curato la promozione del disco. L’idea era proprio quella, preparare il terreno per la pubblicazione dell’album ricreando la storia del gruppo attraverso alcune delle canzoni più rappresentative. L’obiettivo era dare la maggiore visibilità possibile al progetto suscitando quella curiosità e interesse utili ad avere impatto su una scena indie londinese molto competitiva ma in cui è possibile trovare una audience aperta alle novità.

I quattro singoli hanno di fatto prodotto altrettanti momenti di promozione per cercare nuovi spazi di crescita e attenzione, soprattutto tra gli “addetti ai lavori”. Abbiamo creato una solida (ma non invadente) presenza sui social media e costruito piano piano una base di fan in grado di avvicinarsi alla nostra musica in diversi modi, ovvero via streaming, download o attraverso i video sulla pagina VEVO.

Proprio i video sono frutto di una bella collaborazione artistica con BOTH che ha trovato ispirazione nella nostra musica come colonna sonora ideale delle proprie storie. Nella comunicazione siamo stati supportati inizialmente da un ufficio stampa di Liverpool, che ci ha preparati a questa strategia, e oggi collaboriamo in Italia con Lunatik che ha portato Silver in radio e a essere recensito in diverse importanti testate giornalistiche.

Il disco suona molto variegato e anche molto influenzato dal songwriting internazionale, soprattutto di stampo folk. Quali sono i vostri capisaldi nel genere?

Ascoltiamo tante cose davvero diverse tra loro, da Nick Drake ai RATM, dagli At the drive in al cantautorato italiano o a quello americano, fino ad arrivare alla musica classica, ma anche Apparat e Bon Iver. Di tutto. Ultimamente, per esempio, io sto riscoprendo la musica popolare dei paesi anglosassoni.

sam and the black seas

Sam and the Black Seas, a volte veniva fuori il pezzo

Come nasce “The game”, a mio parere uno dei vertici del disco?

The game è nata dalla chitarra, in pochi giorni, ho mandato il brano chitarra-voce a Giovanni che in pochissimo tempo lo ha steso mantenendo le sonorità delle parole “maccheroniche” che aveva ricevuto, non so davvero come faccia. La parte strumentale centrale, invece, è nata in macchina, cantando il tema del cello e la ritmica della batteria sopra agli accordi della chitarra, immaginando il crescere come rabbia positiva che monta dentro e che viene buttata fuori nel ritornello finale urlato. Spesso alcune idee per gli arrangiamenti del disco sono uscite ascoltando i provini chitarra voce in macchina, andando o tornando dal lavoro piuttosto che al rientro da una serata, di notte, appuntando tutto a voce col registratore del telefono. A volte riascoltavo ed era una merda, non capivo proprio cosa avevo canticchiato, altre volte invece veniva fuori il pezzo.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Il disco è nudo e crudo, ci sono pochissime sovraincisioni, non abbiamo utilizzato strumenti, effetti o ambienti particolari né per gli strumenti né per la voce, eccetto un paio di trigger sulla batteria in The game e Silver, l’aggiunta di un synth e di un piano su The love we owe e un piano wurlitzer su Agata. La strumentazione è esattamente quella che usiamo quando suoniamo dal vivo: una Taylor e una Cort come chitarre, un cello acustico e una batteria della drum sound.

Potete descrivere i vostri concerti?

Nel live cerchiamo di costruire una storia musicale, soprattutto tenendo conto delle armonie dei brani e dei bpm. Se c’è un cambio chitarra o un cambio di accordatura di qualche strumento, inseriamo delle brevi intro al brano successivo, un tappeto o un giro di batteria, per dare il tempo di fare i cambi necessari. Non ci piace lasciare buchi o parlare troppo tra un pezzo e l’altro. Ultimamente abbiamo provato una scaletta di circa un’ora che ci piace molto, la riproporremo da ottobre in poi quando incominceremo a portare in giro il nostro disco appena uscito. Ci sembra uno spettacolo adatto a Silver, che lo rappresenta bene insomma.

Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato ?

Domanda difficile! Faremmo sicuramente un torto a qualche brano non citandolo. Dipende molto dallo stato d’animo in cui ti trovi e dalla direzione musicale che stai esplorando in quel periodo. Nell’arco della nostra vita ci sono stati molti brani che ci hanno influenzato e ognuno è entrato nel bagaglio che ci portiamo quando usciamo allo scoperto con le nostre canzoni.

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