Il secondo album di Silent Carnival alias Marco Giambrone, arriva a due anni di distanza dall’omonimo esordio, di cui qui a TRAKS ci si era occupati a tempo debito (qui la recensione). Composto tra l’autunno del 2014 e l’estate del 2015, il nuovo e oscuro disco si intitola Drowning at Low Tide.
Da registrare gli interventi dei musicisti-ospiti coinvolti: la voce ieratica di Carla Bozulich, la viola lancinante di John Eichenseer, i field recordings di Matteo Uggeri, il violoncello di Andrea Serrapiglio e la voce di Carlo Natoli.
Silent Carnival traccia per traccia
La traccia d’apertura del lavoro è una lenta e piuttosto funerea Across the Ocean, impegnata a far avvertire il proprio peso con un incedere solenne e compassato. Holy Flames conferma più o meno i ritmi ma cambia leggermente umore, come se si stesse per uscire da un tunnel.
Ma in fondo al tunnel c’è Devotion, che suona quasi con un brano floydiano epoca The Wall, suonato però, con rancore, da una band shoegaze. La serie di giuramenti contenuti nel brano può lasciare senza fiato. Downfall apre di feedback (o simili) per poi placarsi molto in fretta. Le discese mentali cui prelude sono molto evocative (in questo caso si possono fare paragoni con Radiohead o Calla).
Giro di boa del disco con A place, contornata da voci femminili, apparentemente votata alla riconciliazione, ma forse più vicina a un lamento funebre. Drifting si allunga su sensazioni industrial, con voci filtrate e un cantato forzatamente sereno, prima di un finale denso e lirico. Flood parte con suoni argentini e voci che emergono dal basso, in un patchwork di molti elementi che di nuovo fa pensare alla band di Thom Yorke (o anche al lavoro solista di Thom Yorke).
Last dream of a tree scivola via in fretta, benché il passo non sia veloce e l’umore piuttosto cupo. Si chiude con Sick, con chitarre taglienti e malinconiche.
Silent Carnival si conferma come uno dei progetti con maggiore tasso di originalità in circolazione al momento. Marco Giambrone ci aveva già convinto con la prima uscita e qui non fa altro che confermare qualità e ispirazione, pubblicando un album oscuro, intenso e spesso struggente.
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