Una carriera iniziata con un’antica vittoria a Castrocaro, Silvia Conti non smarrisce la voglia di mettersi in gioco e pubblica il nuovo album A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità), in cui concentra canzoni “d’autore” colorate con sonorità a volte elettriche, a volte blues, a volte etniche.
Silvia Conti traccia per traccia
Si parte dal recitato di Mi Minore dalla Leti, con una voce maschile che recita i titoli di alcuni dei titoli di album fondamentali della storia della musica, con la voce di Silvia che fa da contrappunto.
Il cantato arriva invece con Mattina, pezzo movimentato con percussioni dal sapore etnico. Il sound del pezzo è costruito sul groove del basso, ulteriormente vivificato dall’organo elettrico.
Parte più sommessa Visioni, con un movimento sinuoso e immagini esotiche. Poi l’andamento si fa elettrico e guadagna spinta. Più aggressiva Il canto della scimmia, che mette in evidenza la voce.
La luce si abbassa con Opus Sufferta, che parte solo voce e chitarra, con sapori antichi che affiorano, e con una coda strumentale particolarmente elaborata.
A metà disco si colloca la cover di Dancing Barefoot (Ballando a piedi nudi), reinterpretazione in italiano ma piuttosto fedele del pezzo di Patti Smith. Vai mette il discorso su un piano blues e anche piuttosto ironico, con l’aiuto di un sax.
Si aggiungono altre voci sulla cadenzata Tom Tom, che si apre a ventaglio e cresce piano piano. Atmosfere più intime e anche amare quelle di Borgognissanti, anche qui con una crescita ritmica che stavolta comprende qualche excursus sintetico.
Non dimenticar le mie parole, classico di Giovanni D’Anzi reinterpetato anche da Gaber, chiude il discorso con un mood nostalgico e jazzato. Anzi no: a chiudere c’è la ghost track All Together Now, piccolo divertissement finale.
Disco ricco di personalità quello di Silvia Conti, che varia spesso atmosfere e suoni, ottenendo un album forte e con uno stile graffiante e riconoscibile.