Sweet Jane and Claire: “We Are Ready for the Electric Chair”, la recensione

Con un titolo che omaggia la prima canzone scritta e mai pubblicata da Morrissey, We Are Ready for the Electric Chair è il secondo disco degli Sweet Jane and Claire. La band, originaria della provincia di Benevento, coltiva nel proprio orto erbe shoegaze e psichedeliche (ok, messa così c’è il rischio che qualcuno chiami la Narcotici: era soltanto una metafora).

Il nuovo album, che arriva un paio d’anni dopo Sticky Caramel Mind, è stato registrato, mixato e masterizzato da Alfredo “Epi” Gentili presso i Go Down Studios.

Sweet Jane and Claire traccia per traccia

Partenza non proprio rettilinea con Box Full of Joy: dopo un’intro leggermente scomposta entra il brano vero e proprio, la cui estetica punk con derive shoegaze è piuttosto chiara fin da subito. Un drumming senza respiro toglie invece ogni residua incertezza da Radar, che resta a metà del guado tra furia e decadenza.

Graffi elettronici contraddistinguono Don’t Be Cruel, mentre si torna a sonorità shoegaze con Rarefield Landscape. Accenni di tarantella elettrica nell’introduzione di Sex Tex Mex, che poi prende percorsi curiosi, con cambi di ritmo e chitarre in vena di protagonismo.

Qualche spunto più melodico emerge all’interno di Kim Deal (la quale, per informazione, è l’ex bassista dei Pixies poi diventata cantante delle Breeders e icona della musica alternative degli anni Novanta). Ma proprio quando pensi che si inizi a giocare a carte scoperte, ecco che il tavolo si ribalta: Tied Limbs cambia atmosfere e si lancia in discorsi elettrico/elettronici molto corposi, con qualche idea drone.

Apparentemente più tranquille le acque di Teasing play, ma ogni tanto le onde si alzano con risultati tumultuosi. Scattering si butta in pista a corpo morto con influenze madchesteriane appena mascherate. Chi manca a questa festa? Qualche influenza di provenienza Sonic Youth? E allora eccola qui: Sensorial Collapse mette a posto i conti anche su questo versante, con approcci corali e buone cavalcate elettriche.

Granelli di decadentismo cadono anche dal cantato di Idol, che pur trattando la materia con stile garage, non rinuncia a imbellettarsi con qualche stilla glam. Si plana su panorami melodici con Bike in Heaven, mentre la chiusa è affidata a Gaza Raza, che improvvisa una danza orientale spiazzante.

Ciò che impressiona in senso positivo del disco è che non si sa mai che cosa ci riserverà la prossima svolta: le sorprese sono sempre in arrivo. Certo il marchio lasciato dalle band del passato sui Sweet Jane and Claire è piuttosto evidente, ma la band fa il possibile per non farsi schiacciare da cotanta eredità.

Rispondi

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi