Unòrsominòre.: riflessioni universali sulla Natura matrigna

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unòrsominòreUn disco “lungo” e un ep, entrambi con alcune caratteristiche decise e precise, costituiscono le ultime uscite di unòrsominòre., nome di battaglia di Emiliano Merlin. E quando si dice battaglia, si parla di uno spirito decisamente pugnace, che emerge soprattutto dai testi di Una valle che brucia (l’lp) e in parte anche da Analisi logica (l’ep): qui le nostre recensioni. Lo abbiamo intervistato.

Partiamo dall’ovvio: perché un lp e un ep in contemporanea? Nessuna forma “mescolata” ti ha convinto?

Ci ho pensato un bel po’ e ho provato diverse possibili tracklist, ma alla fine c’era sempre qualcosa di troppo. Poi era da tanto che avevo voglia di pubblicare un lavoro coerente dal punto di vista sonoro; i miei dischi precedenti sono tutti musicalmente piuttosto eterogenei e ho preferito dare un taglio molto caratteristico a Una valle che brucia, tenendo fuori i brani meno in linea con il suo sound asciutto, freddo e sintetico, e pubblicandoli separatamente nell’ep Analisi logica.

“Una valle che brucia” assomiglia a un disco molto arrabbiato in molte direzioni. Come nasce questa rabbia e come nascono le canzoni di questo disco?

La rabbia, ma forse è più giusto dire la frustrazione, nasce semplicemente vivendo e guardandomi intorno, e riconoscendo l’impotenza di fronte agli eventi, l’incapacità di incidere in modo profondo sul modo in cui le cose vanno, e cioè male. Cerco di agire nel quotidiano facendo la mia parte per non contribuire attivamente al macello, e sbraitando su Facebook alienandomi le simpatie di quasi tutti i miei possibili ascoltatori; e poi scrivo canzoni in cui cerco di esternare nel modo più logico, e allo stesso tempo emotivamente coinvolgente possibile, le cause di questa rabbia, che si tratti di questioni politiche, sociali, storiche o anche di riflessioni più universali sulla Natura matrigna.

Hai scelto sonorità spesso molto scarne per mettere in evidenza voce e testo. Una scelta “da cantautore” che non tutti compiono, oggi, mentre qualche anno fa era normale. Puoi spiegare la natura della scelta?
Ma in realtà non definirei le sonorità così cantautorali; la scelta di questi suoni la avvicino più all’influenza di certa dark-wave dei primi anni ottanta, o di Kid A e Sea Change, che a De Gregori o Guccini. Al limite, mi viene in mente Dalla, che aveva tutto un universo caleidoscopico di suoni in testa e li traduceva in dischi visionari e variopinti, pur continuando a dare un’importanza centrale alla parola, sia quando cantava i testi di Roversi sia quando ha iniziato a scrivere lui… ma divago. L’obbiettivo è stato quello di trovare un modo per vestire adeguatamente queste canzoni, che volevo avessero un sapore ben definito, freddo, desolato, alieno in qualche modo.

Forse si stacca un po’, soprattutto a livello sonoro, proprio “Il demone meridiano”, che apre il lavoro. Come nasce?

Curioso, anche qui dissento un po’; quella canzone per me è come un’introduzione/riassunto dei temi e delle sonorità del disco… Ma forse è più giusta l’impressione che ha chi ascolta, io ho certamente un punto di vista “falsato” sulle mie canzoni. Demone non è nata in modo particolare, è solo una delle canzoni che ho scritto e arrangiato; l’unica particolarità è che fin da subito ho pensato che fosse molto adatta ad aprire il disco, con quell’attacco improvviso di piano effettato e di voce, e il testo così tematicamente universale.

unòrsominòre: non mi piace niente dei cantautori che riempiono i palazzetti

In “Analisi logica” invece si trovano passaggi un po’ più strutturati. Puoi descrivere la genesi dell’ep? Perché hai incluso “Pezzali”, già uscita come singolo qualche anno fa? 

Le canzoni dell’ep sono nate insieme alle altre, il che significa in un lungo lasso di tempo in cui hanno attraversato diverse fasi di scrittura (di alcune delle quali c’è traccia nei contenuti extra che si possono scaricare dal sito dell’etichetta diNotte Record, acquistando la copia fisica del disco). L’eccezione è appunto proprio “pezzali”, che risale al 2012 ma che ho pensato comunque di includere qui perché tematicamente e sonoramente ci stava bene, e perché non era mai stato pubblicata su formato fisico (tranne che in una compilation fatta uscire da Fosbury Records per il suo decennale) né in digitale – era solo su YouTube e meritava un trattamento migliore. Fabio De Min l’ha rimasterizzata per l’occasione.

Che cosa ti piace dei cantautori tuoi contemporanei e che cosa non ti piace?

Chi sono? Se intendi quelli che fanno i palazzetti completamente sold out o si esibiscono all’Idroscalo o al primo maggio, credo sia ben chiaro che non mi piace assolutamente nulla di loro, da quello che scrivono e cantano, a come lo cantano, a come si promuovono e interagiscono sui social, e all’immagine che danno di sé. I cantautori che mi piacciono sono ben pochi e non so nemmeno se si possano chiamare così – Fabio (cui non a caso ho chiesto di produrre i miei dischi), Edda, Umberto Maria Giardini, Giovanni Succi. Ma per me Dalla, Gaber, De Andrè, Battiato, Fossati restano ancora di un’altra categoria.

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