Vash è un power-duo composto da Riccardo Citterio, voce e chitarra, ed Elena Viganò, cori e batteria. I componenti si incontrano per la prima volta durante un progetto di musica di insieme alla scuola di musica Seregno In Musica (dove entrambi studiano tuttora) in cui militano in due formazioni
differenti. Una di queste darà luce ai Three Times Late, gruppo che si esibirà dal vivo per tutto il 2018 prima di sciogliersi. Dalle ceneri del gruppo nasce il duo, che il 27 settembre pubblicherà DEMOns, ep d’esordio. Ecco la nostra intervista.
Come nascono i Vash?
La risposta è standard come quella usata da molti gruppi. Perché accesa la radio non ci piace la musica che sentiamo. Non tanto perché abbiamo la puzza sotto il naso, ma più perchè sia come sonorità che come immagini non vi troviamo un senso di appartenenza.
I Vash nascono anche da un sentimento di urgenza, di dare un punto di vista oggettivo del mondo in cui viviamo senza troppi compromessi. Urgenza nata anche dal fatto che io e Elena eravamo i componenti di un gruppo più grande. Questa esperienza si è conclusa poco prima di andare in studio a registrare il nostro primo ep, e dopo due anni di lavoro è una situazione che lascia l’amaro in bocca.
Quindi già prima di metterci a lavorare sui brani di DEMOns c’era il desiderio di portare la realtà che si era creata in sala prove fuori il prima possibile.
Le vostre canzoni parlano di vita comune in Brianza. E’ spontaneo chiedere perché allora non cantate in italiano? Ci avete mai pensato seriamente?
La risposta più
paraculo trova le sue radici nella nostra cultura musicale.
Fin da piccoli abbiamo avuto la possibilità grazie ai nostri familiari di
ascoltare gruppi inglesi o americani, cosa che abbiamo continuato per abitudine
quando siamo cresciuti.
Parlavo prima di un sentimento di urgenza. Questa condizione ha caratterizzato anche la composizione di tutto l’ep. DEMOns è quindi un lavoro scritto di getto, in maniera schietta e senza troppi condimenti.
Avendo ascoltato
e letto per la maggior parte canzoni in inglese riconosco che, al momento, mi
trovo più a mio agio a scrivere in quella lingua.
Parole corte, con pronunce che si possono modellare all’occorrenza. In pochi
versi si possono descrivere immagini o situazioni molto evocative. Cosa che al
momento non saprei fare al meglio in italiano. O almeno, ci avrei impiegato una
quantità di tempo che l’urgenza di pubblicare non ci permetteva.
C’è anche un’altra risposta sull’argomento, più filosofica. Come forse hai capito dedichiamo molta attenzione ai testi. Ogni canzone parla di argomenti ben precisi con elementi chiave che ripercorrono tutte le tracce dell’ep.
Questo è dovuto al fatto che la funzione della canzone secondo me è quello di essere diapositiva di qualcosa. Come unire pittura e poesia (non che si trovino queste cose in DEMOns), la parte strumentale ha il potere di creare atmosfere che generano emozioni e il testo le contestualizza in una storia o situazione. Quindi perché relegare uno strumento così potente a una zona così circoscritta a livello geografico?
In un’epoca in cui ci si sente sempre più divisi a livello globale secondo me può far solo bene permettere a qualcuno all’estero di sentire e leggere di come si vive dalle nostre parti. Chissà, magari poi scopriremo che vivere in Brianza o dall’altra parte del mondo è la stessa identica cosa solo con abitudini diverse.
Dal punto di vista musicale, mi sembra evidente il vostro legame con le band anglosassoni dei primi anni Novanta. Quali sono i vostri “numi tutelari”? E quale il disco che ha girato di più nei vostri smartphone e nelle vostre teste durante le lavorazioni dell’ep?
Dal punto di vista musicale, mi sembra evidente il vostro legame con le band anglosassoni dei primi anni Novanta. Quali sono i vostri “numi tutelari”? E quale il disco che ha girato di più nei vostri smartphone e nelle vostre teste durante le lavorazioni dell’ep?
Le mie ispirazioni sono per la maggior parte di stampo americano, come gli Strokes e gli Interpol. Turn on the Bright lights e Is this It sono due capolavori che porterò per sempre nel mio cuore. Sia a livello di sonorità che di testi. Ammetto che gli Arctic Monkeys e Miles Kane siano alcuni dei miei artisti inglesi preferiti, inconsapevolmente ci siamo avvicinati anche al loro stile.
Per quanto riguarda il disco che ho ascoltato di più nel periodo di lavorazione dell’ep è stato Virtue dei The Voidz. A cui sono ispirate le parti più dissonanti e sperimentali dell’ep.
Elena invece non si è ispirata a un particolare artista nella ricerca del groove e del suono giusto, ma ha semplicemente posto una base solida in ogni canzone per dare più risalto alla chitarra. Per questo motivo non ha fatto grandi cose nei brani, si è solo concentrata nel creare l’atmosfera giusta per far evocare le famose emozioni di cui parlavo prima.
Come nasce “Haunted Camera” e perché l’avete scelta come singolo?
Haunted Camera nasce come celebrazione delle scorribande notturne che ho avuto con un mio caro amico durante gli anni delle medie e superiori.
In particolare, una sera eravamo di ritorno dopo uno schiuma-party al Drome di Seregno a piedi, dovendo raggiungere Carate Brianza (circa un’ora di strada).
A metà strada passa la ss36 conosciuta anche come ‘Valassina’. Essendo in periferia capita spesso di notte di vedere volpi e conigli girare per questa zona.
Provammo a fare la foto a una sagoma di un coniglio con uno dei nostri smartphone. Solo che appena inquadrato, lo schermo del telefono diventò statico. Quando cercammo di nuovo il coniglio per ripetere lo scatto era sparito. Da qui Haunted Camera.
La scelta di pubblicarla come singolo si basa sul fatto che è la prima canzone a cui abbiamo lavorato. Di conseguenza pensiamo che sia quella più curata e che ci rappresenta meglio. Rispetto a Dark Core e a That Girl (che sono agli antipodi per quanto riguarda ‘l’intenzione’ del pezzo) Haunted Camera sta nel mezzo.
Quali saranno i prossimi passi? A quando un lp?
Nonostante suoniamo assieme ormai da molti anni io ed Elena, quello che presentiamo è un progetto impegnativo. In un duo si ha un carico di lavoro che in una band composta da più elementi sarebbe più diluito.
Una volta pubblicato l’ep lo porteremo in giro negli eventi della Brianza per affinare le nostre abilità dal vivo e vedere come viene recepito.
Questo primo anno di vita del duo lo useremo come banco di prova della formazione, in modo da vedere se ci troviamo bene solo noi due o se può essere effettivamente utile inserire dei membri aggiuntivi.
Quindi per quanto riguarda un long playing vi risponderemo sinceramente dicendo che, per il momento, non è lontanamente nei piani.
Ma abbiamo già nuovo materiale su cui lavorare. Una volta ultimati i lavori di pubblicazione di DEMOns torneremo in studio a comporre nuova musica.
Vash traccia per traccia
Un atteggiamento leggermente provocatorio, suoni piuttosto acidini e aggressività sparsa caratterizzano Haunted Camera, pezzo d’apertura dell’ep nonché singolo.
Più spessa e heavy Dark Core, che porta con sé l’oscurità annunciata dal titolo ma la smorza un po’ con un cantato molto ad alti e bassi e quasi punk.
Si passa anche attraverso il lentone, che in realtà è un blues elettrico e si chiama That Girl, caratterizzata da una chitarra così appuntita da sembrare sofferente.
A chiudere ecco つづく(qualunque cosa significhi), breve coda strumentale che si arrotola sui suoni della chitarra.
Questo ep è un assaggio, ma si tratta già di un assaggio interessante delle qualità dei Vash, capaci di colpire già con questo pugno di canzoni, evidentemente influenzate dal rock dei primi anni Duemila, ma anche dotate di una notevole personalità.