VENTO: un inno alla forza personale

Sahara, in uscita oggi 18 luglio su tutte le piattaforme digitali, è il primo singolo di VENTO, scritto a seguito di una brutta rottura. Lo abbiamo intervistato.

Cominciamo da una presentazione: chi è VENTO?

VENTO è stato per anni il mio porto sicuro, un rifugio nel quale nascondermi e scappare da una realtà che, purtroppo, faticavo a vivere. Scrivere era l’unico antidoto efficace per neutralizzare le mie paure. Finché un giorno ho finalmente capito che celare ogni dispiacere li avrebbe solamente amplificati.

Da quel momento è nato VENTO: un simbolo di speranza che ha allontanato con una folata decisa ed energica la pesantezza sul cuore lasciando in superficie solo ciò che per me veramente conta ovvero la musica. Quello che mi auguro è di poter portare un po’ di questo “VENTO” complesso, vissuto ma anche fresco e rinnovato nelle case di chi come me ha bisogno di credere ancora in qualcosa. 

Sahara nasce da una brutta rottura. Ci racconti qualcosa di più e anche il motivo del titolo?

Sahara l’ho scritta appena è finita la storia più importante della mia vita. Era un periodo in cui ero completamente ancorato al passato e non riuscivo a superare determinati avvenimenti e ad essere semplicemente felice, perciò sono rimasto solo perdendo persino il mio affetto più grande. Sahara nasce da questo. Nasce da un momento di buio totale in cui ho iniziato a commettere un errore dietro l’altro.

Cosa meglio del più vasto deserto del pianeta Terra poteva rappresentare in modo calzante il mio stato d’animo in quel periodo? Sahara non è però solo desolazione, vuole essere anche e soprattutto un inno alla forza personale e un grido di speranza per tutte quelle persone che si sono perse per strada e che hanno solo bisogno di un pretesto per ritrovarsi. 

Anche il lockdown ha influito sul brano? Sei stato fra quelli stimolati o frenati dall’isolamento, dal punto di vista artistico?

Per quanto riguarda il brano diciamo che il lockdown non ha influito per il semplice motivo che Sahara è nata molto prima della pandemia. Posso però affermare che, dal punto di vista artistico, ha sicuramente giocato per me un ruolo abbastanza importante. Durante il lockdown ho riscoperto attimi di quotidianità che prima iniziavo a dare per scontati e questo ha indubbiamente influito sulla mia scrittura.

Posso però affermare di essere stato parte dell’élite fortunata che non ha perso il lavoro o a cui non è successo nulla di grave e che quindi, questa situazione, non ha scalfito. Ho cercato perciò nel mio piccolo di trovare qualsiasi lato positivo, anche insignificante, da tale avvenimento. C’è a chi però la sorte ha giocato un bruttissimo scherzo e, di sicuro, il mio pensiero va a loro con l’augurio che trovino la forza di reagire e ristabilirsi. 

Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali?

Difficile questa domanda. Credo che la musica sia un ecosistema e, come tale, sia estremamente complesso e mutevole. Come un ecosistema anche la musica infatti mira a raggiungere un equilibrio dinamico ovvero una stabilità aperta, però, al cambiamento.

La musica quindi si evolve fino a trovare una sua solidità apparente, poi cambia di nuovo e di nuovo ancora. Tutto questo per dire che è difficile aggrapparsi a un solo o a pochi punti di riferimento, penso sia quasi impossibile per me. Posso solo dire che ritengo sia necessario avere una cultura musicale il più ampia possibile e che spazi, necessariamente, dai generi più remoti fino a quelli più recenti, da quelli più solidi ai più passeggeri. 

Quali sono i tuoi progetti ora?

Come ogni aspirante artista penso che il progetto più grande sia quello di poter dare voce alle proprie idee, ai propri pensieri e, nel mio caso specifico, alle proprie parole. Spero che Sahara sia il mio modesto punto di partenza e che riesca ad aprirmi la porta verso un mondo, quello della musica, per me ancora nuovo ma pieno di opportunità. 

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