Sapolsky è il nuovo singolo di Villa Psicosi, un progetto musicale che continua a muoversi tra delirio sonoro ed espressione sincera. Con radici nei paesaggi notturni di Milano e una scrittura che mescola glitch, punk ed emozioni crude, Villa Psicosi porta avanti una ricerca viscerale, estetica e musicale. Il nuovo brano non fa eccezione: un piccolo corto metropolitano dove amore, caos e distorsione convivono. Abbiamo fatto qualche domanda all’artista per esplorare meglio questo universo inquieto e magnetico.
Sapolsky ha un suono cinematografico fin dal titolo. Se il brano fosse una scena di un film, come la descrivereste?
Rose e Jack che fanno sex nella macchina a bordo del Titanic. Assolutamente.
La vostra musica sembra muoversi tra spleen urbano e improvvisi momenti di luce. Come influenzano la vostra scrittura i luoghi in cui vivete o avete vissuto?
I luoghi, gli scenari… Sono tutto. Sesto San Giovanni e Milano in primis. Città pregne di ricordi di grandi gesta di eroi della notte.
Nei vostri brani si avverte un senso di instabilità emotiva, ma anche lucidità. È qualcosa che cercate volontariamente di restituire oppure emerge in modo naturale?
La mia instabilità è real… È natura impazzita. Io racconto solo aneddoti della mia vita. La musica è un diario di bordo. È tutto vero e fortemente naturale.
Avete mai pensato a un’estetica visiva coerente con la vostra musica, per esempio per un videoclip o un progetto grafico? Quali immagini associate al vostro suono?
Draghi sputa farmaci, neri, con gli occhi rossi, con le ali incatenate e spezzate legate in una camicia di forza in un manicomio abbandonato.
Se poteste collaborare con un artista fuori dal vostro mondo sonoro — anche di un’altra disciplina — chi sarebbe e perché?
Sicuramente Freddie Mercury perché aveva gli stessi problemi col senso di vuoto che ho avuto io.
