Nascono nel 1983, si sciolgono nel 1987. E potrebbe essere tutta qui la storia dei Viridanse, se non fosse che prima un’antologia pubblicata nel 2012, poi una vera e propria reunion nel 2014 ha riportato a galla la storia band post punk. Oggi la band rinnova sensazioni antiche pubblicando Hansel, Gretel e la strega cannibale, un album virulento e ricco di sensazioni, che somiglia a un concept ma senza guardare troppo al passato. Abbiamo rivolto qualche domanda a Enrico Ferraris e Flavio Gemma.
Molte reunion di band storiche si scontrano con la realtà del tempo passato: ti ritrovi, fai un disco, poi tutti ritornano alle proprie realtà. Voi invece avete dimostrato di aver messo in piedi un progetto destinato a durare. Su cosa si basa la vostra ritrovata solidità?
Quando nel 2014 decidemmo di ricominciare a fare musica con il nome Viridanse io e Flavio non abbiamo mai messo in dubbio la volontà di intraprendere un cammino duraturo. Ricominciare era un modo di evolvere la nostra musica nel modo più naturale e spontaneo possibile e soprattutto interpretarla in un’epoca diversa. Quindi, dopo aver constatato che avremmo dovuto re-inventare una formazione nuova per tre quinti, abbiamo deciso di investire su un repertorio nuovo, recuperando molto poco dei vecchi pezzi. Questo cammino ci ha portato in poco tempo ad avere otto brani inediti che, pur partendo da certe sfumature più scure del vecchio sound, esprimevano sonorità più dure e in un certo senso “libere” da schemi rigidi come molta musica degli anni ottanta.
Per certi versi è stata una scelta rischiosa, ma sicuramente era l’unica scelta che potevamo fare per poter esprimere qualcosa di nuovo e di più maturo. Ovviamente l’incontro con Gianluca, Giancarlo e Fabrizio, ha dato una nuova dimensione alla nostra musica e ci ha permesso di realizzare “Viridanse” nel 2015, un album che ci ha regalato tante soddisfazioni soprattutto come responso di critica e pubblico.
Potete raccontare linee guida e ispirazioni alla base del vostro nuovo disco?
Dal punto di vista musicale è un lavoro che ha elementi di approccio molto Seventies, per l’aria che si respira, nell’uso più autorevole della voce e nel suono in generale. Grande merito anche alla poderosa batteria di Erik (Nalin) che, dopo l’uscita dal gruppo di Fabrizio (Calabrese) a giugno 2016 ha interpretato in modo superbo i nuovi pezzi, in un tempo molto ristretto oltretutto.
Il brano che dà il titolo al lavoro e in generale tutto l’album parte dall’allegoria della fiaba per rappresentare il lato grottesco e devastante della società in cui siamo immersi e di cui siamo corresponsabili del declino. Non si capisce dove realmente sta il male, se nell’innocenza dell’infanzia, nell’istinto fagocitante della strega cannibale, in bilico fra le tentazioni e le trappole della società che “spaccia” marzapane o dolci tentazioni. Tutto è caotico e sfuggente in un disegno estremamente preciso di “potere” e sottomissione ai nostri stessi bisogni, insomma ogni attore di questa fiaba incarna in se il bene e il male, come due facce della stessa medaglia.
Tutto l’album esprime il messaggio forte di cercare di capire, comprendere e combattere tutti quegli aspetti della vita che ci rendono schiavi, sia di un potere visibile e costituito, sia di un potere invisibile e impalpabile. Un modo insomma di combattere una logica che porta l’umanità a sfruttare ogni risorsa che il mondo offre, inseguendo cose illusorie e false per avidità.
Da sempre il tema del controllo sistematico delle masse è al centro dei nostri interessi e delle riflessioni e in questo disco la consapevolezza di questo messaggio scorre fra le frasi e i testi di Gianluca e le musiche di Flavio e condiziona ovviamente il nostro modo collettivo di suonare e interpretare la musica.
Viridanse: immediatezza e potenza, cattiveria e crudezza
Due domande in una: perché Lorenzo Stecconi come produttore e perché le registrazioni nel Teatro Comunale di Alessandria?
Già dalla genesi dei pezzi che andavamo suonando, sentivamo l’esigenza di registrarli in modo il più possibile diretto, esprimendo tutto il loro potenziale di impatto “live”. Abbiamo subito pensato a Lorenzo, per la sua esperienza nella produzione di album di Ufomammut e Zu e tanti altri, sapevamo che aveva la capacità di interpretare la nostra musica catturandone la vera essenza.
Le atmosfere che i pezzi dovevano esprimere erano di immediatezza e potenza, cattiveria e crudezza esattamente come il concept richiedeva. Lorenzo è stato il sesto elemento del gruppo, ha lasciato che le cose succedessero catturandole con grande sensibilità artistica e riproducendole in modo impeccabile. Ne è venuto fuori un disco che suona molto live, un po’ come quelli che si facevano negli anni Settanta, che abbiamo potuto registrare praticamente in diretta suonando tutti assieme, in un ambiente assolutamente incredibile.
La scelta del Teatro Comunale di Alessandria nasce dalla ricerca di un luogo dove poter interpretare la nostra musica esattamente in questo modo. Abbiamo utilizzato le aree del palco grande del teatro, un luogo immenso con soffitti altissimi e spoglio di ogni arredo in quanto area chiusa per ristrutturazione. Abbiamo lavorato per una settimana in questo ambienti surreali dalle dimensioni e dal fascino innegabile. Le riprese del nostro primo video sono state effettuate lì durante le session di registrazione. E’ stata una esperienza importante e una grossa sfida professionale.
Le canzoni fanno larghi riferimenti all’universo letterario del fantastico, dalle fiabe a Lovecraft (e a Batman). Perché queste scelte a livello di testi?
Perché certa letteratura fantastica procede nel verso dello scandaglio dell’essere umano, del suo ambiente in chiave sempre universale. Il fantastico è spesso la realtà vista attraverso uno specchio libero dai dogmi, è avventura emotiva, è denuncia ai sistemi rigidi e ingannevoli
Potete raccontare anche concept e lavorazioni del video, che sembra voler ampliare la storia raccontata dal disco?
Anche la realizzazione del video è stata una scelta artistica precisa, i tempi dei nostri brani sono alti, inadatti a videoclip tradizionali per cui abbiamo scelto di realizzare un vero e proprio cortometraggio Il video è stato realizzato da Alessandro Magagna (ANDO), artista e fotografo di grande talento e sensibilità, e nostro amico. Ha lavorato a fianco nostro interpretando in modo molto pertinente il messaggio del brano.
L’intento era creare la suggestione frenetica e schizoide delle ritmiche con frames e immagini velocissime, una realtà fatta di immagini e messaggi subliminali che soggiacciono alla logica della propaganda pubblicitaria e al divorare consumistico. A mio avviso testimonia la contrapposizione tra i ritmi esasperati della nostra società e il disegno consapevole di chi controlla questo sistema definendo la chiara visione di come dovrebbe essere, simboleggiato dalla “strega” che dipinge.
A proposito è essenziale ricordare i contributi artistici pittorici di Antonio De Nardis, autore della copertina del disco e di altre eccezionali opere che fanno parte dell’artwork completo, e AEno, che nel video incarna la strega che dipinge, autrice di altrettante opere a china che rendono la confezione del CD un qualcosa di unico e irripetibile.
Pare che dal vivo porterete anche alcune canzoni dei Blaue Reiter, che sono stati il vostro gruppo “progenitore”: potete spiegare questa scelta?
L’anno scorso, grazie al interesse della Rave Up Records e di Federico Guglielmi è stato ristampato in vinile tutto il repertorio dei Blaue Reiter attivi nel periodo fra il 1981 e 1983, in una bellissima confezione. Non è escluso che potremmo proporre alcuni pezzi di quel repertorio nei nostri live, anche se al momento l’esigenza primaria è promuovere il nostro nuovo album.
E già che siamo in tema: che cosa pensate del ritorno di interesse dei gruppi italiani indipendenti per la new wave e la dark wave?
Probabilmente perché la scena wave e post punk, gotica o dark non si è mai esaurita e crea sempre un suo fascino. Vedi anche come si è evoluta in certa musica ambient, nel metal o ancora in certe forme di avanguardia musicale.
Per noi è importante rileggerle in forma sempre nuova e creare sempre linguaggi musicali coinvolgenti e adatti al tempo che stiamo vivendo. La musica sta nel rispetto delle origini e nel cuore del futuro, è innegabile.
Viridanse traccia per traccia
L’assalto parte subito: i Viridanse aprono il disco con Hansel, Gretel e la strega cannibale, la title track, un concentrato di rabbia e di energia che si sfoga attraverso chitarre e drumming soprattutto, con la voce che si alza ma rimane un po’ sottotraccia nel mix. Si passa al manicomio criminale dell’universo di Batman con Arkham, altra favola nera che si costruisce a partire da un uso barbaro del drumming.
Dalla DC Comics si passa a HP Lovecraft con Alle montagne della follia (At the Mountains of Madness il titolo originale del romanzo dello scrittore visionario di Providence) che picchia un po’ meno ma utilizza aperture e chiusure improvvise per sorprendere l’ascoltatore, raccontando storie ancestrali e misteriose. A seguire Scomunica, altro getto di lava che si distende in modo fluido sugli oltre dieci minuti del pezzo.
Anche Aria si allunga, ma parte da presupposti più sotterranei. Anche nel proprio sviluppo, il brano/suite sembra perseguire obiettivi oscuri, forse anche in maniera maggiore rispetto al resto del disco, che pure non è proprio e sempre illuminato da luci vivissime. Qualche eco della new wave italiana emerge tra le influenze, anche se è ovvio che si parla di una band che di quel fenomeno è stata contemporanea, non certo erede.
Il grande freddo ha una partenza accelerata, ma si concede pause in cui il ritmo cala e la voce prende il sopravvento. La chitarra prende strade alte, richiamandosi di nuovo a sonorità new wave. Si chiude con Madre Terra: un’attitudine più dialettica che di contrasto, anche con qualche traccia melodica, sotto strutture costruite con la rabbia.
Per capire che si tratta di una reunion e non di una band nata negli ultimi anni bisogna leggere il CV dei Viridanse. Il disco suona molto vivo e vibrante, con qualche sbavatura probabilmente dovuta alle scelte sonore di base dell’incisione dei pezzi. Ma proprio per questo ancor più intenso.