Tanca (Trovarobato) pubblicat a colonna sonora de “I diari di mio padre”, terza uscita della collana Il suono attraversato, dedicata alle musiche scritte negli ultimi anni da Iosonouncane per cinema, teatro e sonorizzazioni.
I Diari di Mio Padre, documentario firmato da Ado Hasanovic e presentato in questi mesi in giro per le sale europee, ci trasporta nell’agosto del 1993. In quell’estate, Bekir Hasanović si procura una videocamera, trasformandola nello strumento che gli permetterà di documentare la quotidianità a Srebrenica nei giorni cupi della guerra.
Con la sua troupe improvvisata, Bekir cattura immagini che rivelano un ritratto inedito di una popolazione sospesa tra la disperazione e una sorprendente capacità di restare ancorata alla realtà. Suo figlio Ado parte proprio da quei filmati – e dai diari scritti dallo stesso padre – per ricostruire la figura paterna e indagare come Bekir sia sopravvissuto alla Marcia della Morte e al genocidio di Srebrenica.
Il documentario ci accompagna nella storia di un padre e un figlio che non hanno mai potuto affrontare fino in fondo ciò che hanno vissuto. Quando Iosonouncane è stato chiamato a lavorare alle musiche de I diari di mio padre, il montaggio, protrattosi per circa due anni, era già stato completato.
In fase di lavorazione erano stati utilizzati molti brani che dovevano essere sostituiti con una colonna sonora originale, senza dover rimettere mano al montaggio. Dopo una primissima fase esplorativa in cui erano state proposte improvvisazioni distorte realizzate con diversi sintetizzatori, Iosonouncane e Ado Hasanovic si sono incontrati per la prima volta a Bologna, trascorrendo due giorni in studio per conoscersi e parlare del film.
La via musicale d’accesso al film è scaturita da alcuni campionamenti dal Requiem di Mozart, isolandone singoli passaggi armonici e rallentandoli a dismisura. In un secondo momento su questi campionamenti sono state composte stratificazioni armoniche di sintetizzatori finché, in un dato momento, si è pensato di tirare fuori dalla custodia una diamonica a bocca e di suonare di getto il tema del film, quello di Bekir e Srebrenica.
Il passaggio successivo è stata la declinazione del tema su vari strumenti, per arrivare alla fase finale del lavoro dove sono state composte le musiche scena per scena.
Iosonouncane traccia per traccia
La partenza del disco è oscillante e morbida: VHS sembra voler imitare i glitch della cassetta, imperfetta quanto affascinante, come per iniziare a farcela scorrere davanti agli occhi.
E’ subito tempo di Funerali: una commemorazione sobria, breve, giocata su temi bassi e molto contenuta. Si prosegue da lì con Bekir, che ha un passo solenne ma senza eccedere, come a seguire un feretro, però suonando musiche con un retrogusto balcanico.
2 agosto 1992/Separazione prosegue su ritmi rallentati, riempiendo progressivamente l’orizzonte di sensazioni. Fatima fuma si mantiene su scenari di tranquillità, con movimenti sonori in background che si appoggiano con delicatezza.
Questioni di fiati e qualche piccolo loop sottolinea Feriti, che viaggia per lo più sottotraccia. C’è un senso del dramma, ma anche tensione e attesa, ne Il silenzio di Bekir, che rimane sospesa quasi in volo.
Appena più evidenti, la linea melodica di Srebrenica si mette in mostra per un attimo, come tema centrale del disco, con qualcosa di vintage nel timbro. Il giro de La confessione si fa ipnotico e inquietante man mano che si procede.
E’ tempo di Campane, in cui in verità non si sentono campane ma rintocchi sì, che echeggiano a lungo e non in modo benigno. Si accende qualcosa in Casa pazza, che si allarga gradualmente come a raccontare un’apertura, con voci quasi fantasmatiche che si rincorrono sullo sfondo.
C’è un battito martellante su Ultimi diari, che si allunga oltre i cinque minuti per prospettare scenari decisamente più tesi. Altre oscillazioni e altre prospettive orribili si consumano in Deportazione, che lascia echi di sé lungo il percorso.
Altri fantasmi quelli che si agitano dentro DNA, più liquida ed elettronica rispetto al resto della soundtrack. Si chiude con Fatima, che parte piano e registra una crescita importante sul piano melodico, forse con qualche memoria di colonne sonore antiche.
Brani brevi, volume raramente alto, l’intento di descrivere più che di cercare l’attenzione: il lavoro da musicista di colonne sonore di Iosonouncane si distingue per discrezione e delicatezza, non si fa mai prendere la mano dal dramma in corso, sottolinea più che mettersi al centro. E ciononostante riesce a regalare sensazioni e allusioni, distribuite su pezzi brevi ma sempre incisivi.
