Barsminator è il nuovo album di Michael The Skillerz. Quattordici brani che criticano il mercato musicale e le sue dinamiche, ma che allo stesso tempo mettono in luce la passione dell’artista per la musica. Abbiamo intervista l’artista.
Barsminator è uscito il 19 settembre: cosa rappresenta per te questo album rispetto ai tuoi lavori precedenti?
Questo disco è molto diverso dai miei lavori precedenti, perché su quelli ho fatto un lavoro di ricerca interiore, ho cercato di scavare dentro e di analizzare il mio lato intimo e personale, mentre con questo cambio completamente registro, è un po’ come se tutto quello che ho trovato scavando l’avessi buttato fuori tutto di colpo.
L’album si apre con Un giorno di balorda lucidità nella mente di uno sclerato cronico, un titolo molto evocativo. Vuoi raccontarci qualcosa di più su questa intro?
Be’, questa intro è proprio autobiografica al massimo, fare musica oggi è tentare di emergere nel mare magnum del di tutto e di più, sapendo poi che il talento conta solo fino a un certo punto, ti rende per forza di cose uno sclerato cronico, perché l’artista oggi non ha veramente in mano il potere di proporsi in autonomia, deve sottostare a mille regole assurde di mercato, spesso rimettersi a giudizi di persone che non avrebbero nemmeno la competenza necessaria per darli i giudizi in questione. Questa traccia è un po’ una presa di coscienza, come dire “ah funziona cosi? Bene adesso lo dico io quello che penso”.
I tre singoli Amici come prima, Regole e La Finesse sono tra i brani più “rap puri”. Perché hai scelto proprio loro come anticipazione del progetto?
La risposta è più semplice di quanto si potrebbe pensare, io adoro il rap puro, adoro quel sound li, mi diverto a fare quella cosa li e provo soddisfazione nel farla. Dunque ho scelto tre pezzi che in primis mi piacevano, poi erano sì tre pezzi rap puri, ma con le loro differenze, tre modi diversi di fare la stessa cosa. In ogni caso la cosa più importante è che mi trasmettessero delle buone vibes.
In Sensei canti che la musica è il tuo maestro: qual è la lezione più importante che ti ha insegnato fino ad oggi?
La lezione più importante che ho imparato dalla musica è forse quella che la competizione esiste solo con se stessi, l’unico modo per fare musica e trarne solo la gioia di farla è essere fedeli quanto più possibile a se stessi, fregandosene di ogni altra cosa, i numeri, le classifiche, i guadagni, sono solo un costrutto, non rispecchiano nemmeno la realtà, figuriamoci se possono rispecchiare te stesso.
Io ogni volta cerco di superare me stesso e di rimanere fedele a ciò che mi piace, di quello che fanno gli altri non mi importa minimamente, da quando ho imparato a gestire questa forma mentis vivo molto più serenamente e riesco a tenermi addosso soltanto il bello delle cose.
L’album è arricchito da diversi featuring: come scegli gli artisti con cui collaborare e che ruolo hanno avuto nella costruzione del progetto?
Anche qui il discorso è piuttosto semplice, generalmente collaboro solo con artisti che stimo sia come artisti che come persone, la maggior parte dei featuring sono proprio miei amici, li conosco di persona e ho condiviso comunque dei pezzi di vita con loro.
Collaborare in questo modo è piu facile perché cerchi di dare la traccia giusta in mano all’artista proprio per quelle che sono le sue qualità, tant’è che con loro ormai, gli do la strumentale, gli dico quanto fare la strofa e bene o male l’argomento, poi gli lascio completamente carta bianca, cosicché anche loro possano mettere un po’ della loro visione nel progetto.
Tu parli di una “dittatura mediatica” che condiziona i gusti del pubblico: secondo te, come può un ascoltatore emanciparsi da questo schema e trovare davvero il proprio stile?
Io credo che il pubblico venga costantemente bombardato dalle opinioni dei media, radio, Tv, pagine dei social network; e tutta questa sovraesposizione renda complicato far si che il pubblico sviluppi un gusto personale. Quello che si dovrebbe fare è rigettare completamente qualsiasi giudizio esterno e mettersi li ad ascoltare la musica, nelle cuffie, con attenzione, e da li capire quale può essere il proprio gusto e poi muoversi solo in base a quello, senza seguire ne le mode del momento nel gli artisti in hype.
Io almeno faccio così e ti dirò di più, in questo modo ho scoperto degli artisti formidabili che hanno poco seguito ma che in quanto a talento potrebbero surclassare qualsiasi nome del mainstream, tutta la musica migliore che ho ascoltato negli ultimi anni, arriva da artisti semi sconosciuti e con pochissimi ascolti, eppure secondo me dotati di un talento cristallino e di una freschezza che nel mainstream non riesco proprio più a ritrovare.
Se dovessi descrivere l’album con una sola immagine o metafora, quale useresti?
Ti direi che la copertina che mi ha disegnato Octofly art è perfettamente calzante con l’anima del progetto, se dovessi trovare una frase o una metafora invece, sceglierei l’ultima barra di un giorno di balorda lucidità nella mente di uno sclerato cronico e la frase è questa: “17 anni al mic e poi mi chiamano emergente, mortacci tuoi che sei un incompetente”…
Forse ad alcuni potrebbe sembrare presuntuoso o con troppa spocchia, ma sinceramente con tutti i rospi che abbiamo dovuto ingoiare in questi 17 anni, io e la miriade di artisti che sono nella mia stessa situazione, è arrivato il momento anche per alzare un po’ i toni.
