Not Moving, “That’s All Folks!”: la recensione

Disponibile in digitale, cd e formato vinile edizione limitata That’s All Folks! è il nuovo e ultimo capitolo dei Not Moving, che chiudono così una gloriosa carriera di oltre quarant’anni.

Pubblicato da La Tempesta Dischi / LaPOP Music e anticipato dal singolo But It’s Not, il disco si compone di dieci tracce che rappresentano una summa del credo artistico e un omaggio alle radici da cui la band è partita: il blues. L’album si sviluppa su quelle coordinate, guardando però anche al punk, Gun Club, Cramps, The X, psichedelia, Rolling Stones, Bo Diddley e si chiude con il testo di Not Moving dei DNA di Arto Lindsay, brano tratto da No New York da cui la band prese il nome.

Dai primi concerti nel 1981 e dall’esordio discografico del 1982, Rita Lilith Oberti, Dome La Muerte e Antonio Bacciocchi hanno portato sempre avanti lo spirito della band. Anche nei lunghi periodi di pausa e allontanamento, i Not Moving hanno continuato a vivere nei reciproci progetti solisti, nella cura di ristampe (spesso con inediti), documentari, un live dagli anni Ottanta, una breve reunion tra il 2005 e il 2006.

Nel 2017 il ritorno insieme con un nuovo album e un centinaio di concerti lungo la Penisola. La storia ora si conclude. Il rock ‘n’roll salva la vita (come cantava Lou Reed con i Velvet Underground) ma in cambio ti chiede l’anima, il cuore, la carne. Ti divora e distrugge. Un prezzo concordato già nell’adolescenza e consegnato al Demone. Che ha restituito la vita che i Not Moving hanno sempre voluto e desiderato, nella sua sadica precarietà, anche quando il fisico perde i previsti colpi.

Not Moving traccia per traccia

Le profondità dell’anima umana sono al centro della speculazione, ruvida e rumorosa, di Soul of a Man, brano d’apertura del disco. Incomincia a correre sul serio But It’s Not, piuttosto stonesiana e sicura sulla strada del rock’n’roll.

Si procede con una ritmata Wyoming Girl, che ha risonanze profonde e pesca nel blues e nel folk rock. Più ricco di clamore l’avvio di Saphran Road, un brano di notevole forza cinetica con la voglia di fare un po’ di rumore, mentre si balla.

Allitterazioni e una voce che si alza in modo graduale per The Devil with the Blue Dress on, che esplora il blues del Delta con proprietà e la giusta oscurità. C’è una punta di dramma nella seguente On My Side, che mostra i muscoli e ruggisce con la chitarra.

Tributo agli idoli e una certa voglia di risonanze emerge da Bo Diddley doing something, che si allunga e diventa quasi psichedelica. Molto serrati i ritmi di Once Again, che ha un giro che cattura e tira dentro.

Con riferimenti orientali esplicitati dal sitar, con risonanze psichedeliche, con la volontà di salutare il sole ma anche di effettuare un rituale di qualche sorta, ecco Ray of Sun. Ed ecco la chiusa, un congedo ma anche una firma, la breve cover recitata di Not Moving.

Questi ragazzi, pur con qualche anno sulle spalle, dimostrano con coerenza che sanno ancora fare bene il loro: i Not Moving chiudono bottega ma con la consapevolezza di aver prodotto ottima musica in passato e di essere ancora in grado di sfornare lavori assolutamente all’altezza della loro meritata fama.

Genere musicale: blues, americana

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Pagina Instagram Not Moving

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