Professione musica: Ginaski Wop, musicista e giornalista

Le interviste di questa rubrica vogliono dare uno sguardo un po’ più approfondito a molte, se non tutte, le professioni che ruotano intorno al mondo della musica. Quindi cantanti e chitarristi, naturalmente, ma anche arrangiatori, tecnici del suono, gestori di sale prove, addetti stampa, giornalisti, fotografi, registi di video eccetera. Per capire se e come sia ancora possibile “vivere di musica”.

Ci sono due lati della barricata: da una parte chi suona, dall’altra chi, tipo me, non sa suonare e quindi giudica chi suona. Ma c’è anche chi tiene il piede in due scarpe. E’ il caso del nostro intervistato di oggi.

Puoi presentarti in breve e descrivere la tua professione?

Sono Ginaski Wop, che naturalmente è un nome d’arte di cui amo l’aspetto più posticcio, fittizio, vago… che tanto bene si sposa alle professioni che ho scelto: cantautore, scrittore e direttore responsabile del magazine cmagazine.org

Quali sono stati i tuoi primi approcci con il mondo della musica?

In casa abbiamo sempre ascoltato molta musica. Educare l’orecchio al suono è fondamentale. Mio padre è un ex batterista jazz. Sin da piccolo mi sentivo affascinato dai vinili, dal profumo degli strumenti musicali, dal design dei giradischi, e percepivo una chiara ammirazione che i miei nutrivano nei confronti di certi cantautori, scrittori e registi. Un rispetto nei confronti di chi è in grado di creare emozioni. Mi fu chiaro rapidamente cosa avrei voluto fare da grande.

Hai avuto figure ispiratrici, qualcuno che ti abbia aiutato particolarmente, punti di appoggio senza i quali non avresti raggiunto i tuoi obiettivi?

Non ho avuto figure che mi hanno ispirato in particolar modo, e gli aiuti e gli appoggi sono sempre venuti dalla mia famiglia. Il primo swing mi fu insegnato proprio da mio padre: se suoni lo swing col giusto timing puoi suonare tutto! – mi disse.

È una fortuna nascere da genitori che non criticano la tua scelta, anzi, che la appoggiano e ti incentivano. La prima batteria mi fu regalata all’età di 5 anni. Quando decisi di andare a Cuba, a 19 anni, a studiare percussioni, i miei genitori hanno finanziato il viaggio. Ecco, credo che senza il loro consistente aiuto non ce l’avrei mai fatta.

Del resto, è dalla notte dei tempi che gli artisti hanno bisogno di un mecenate… e di base credo che nel 90% dei casi, dietro ai sedicenti bohémien ci sia sempre un “qualcuno” che si sveglia alle sei del mattino per andare a fare un lavoro vero e che ti aiuta finanziariamente anche solo per comprare le sigarette.

Qual è la parte del tuo lavoro (se c’è) che detesti o della quale comunque faresti a meno? 

Le attese! Quel limbo che si interpone fra la progettazione e l’azione. Come per esempio quando invii un progetto, inoltri una richiesta di intervista, o un cd a un manager… quel margine temporale che ti separa dal responso, dall’azione.

Da un certo punto di vista crea una sorta di ansia. Inoltre, essendo io un soggetto che non ama la staticità, rischio di patire la noia, l’inedia. Ma non so se è un aspetto di cui in fondo farei a meno… fa parte del gioco.

Puoi raccontare qualche aneddoto particolare legato alla tua professione?

Una volta, quando il magazine veniva distribuito anche in cartaceo, in una rubrica citai Charles Bukowski:

“…bastano 2 o 3 politici inetti per mandare il corso dellumanità indietro di 20 anni o più.(C. Bukowski)

Il giorno dopo ricevo una telefonata da parte del direttore della concessionaria di pubblicitàche si occupava di vendere inserzioni per la rivista, e mi dice allarmato: Mi ha chiamato l’Onorevole X, è incazzato nero… dice che è poco carino quello che avete scritto. Devi dire a questo Bukowski di non scrivere piùqueste cazzate! Èchiaro?!

Naturalmente, di fronte a tanta demenza, scoppiai a ridere e risposi che si trattava di un giovane collaboratore con problemi di alcolismo al quale avevamo dato lavoro per tirarlo via dai guai… e che non sarebbe più accaduto. Ti rendi conto?!

Sei iscritto/a a enti previdenziali oppure organizzazioni di qualche tipo? E’ obbligatorio o facoltativo?

In quanto direttore responsabile di C magazine sono iscritto all’ordine dei giornalisti. In quanto musicista, invece, sono iscritto alla SIAE e all’Enpals – che ormai è stata accorpata alla INPS se non sbaglio.

Si tratta di enti ai quali, secondo i dettami della giurisdizione italiana, è obbligatorio essere iscritti, fatta accezione della SIAE che invece non implica alcun obbligo di iscrizione. Nel caso dell’Enpals, dati i parametri, faccio ancora fatica a comprenderne a pieno l’inutilità. La totale e assoluta inutilità.

Consiglieresti a un giovane di provare a fare il tuo lavoro? Perché?

Anche in questo caso, come nell’aneddoto di cui sopra, mi tocca chiamare in causa il vecchio Hank, citando una sua celebre frase: Don’t Try!

Senza entrare nello specifico, puoi dare un ordine medio di prospettive economiche per chi fa un lavoro come il tuo nel 2014 e in Italia? Quanto si puòarrivare a guadagnare, a grandi linee ma in modo realistico dopo qualche anno di professione?

Di base ritengo che vivere il giornalismo, la musica o la letteratura come “professioni” sia al quanto utopico oggigiorno e in un Paese come l’Italia. Tutto dipende comunque dalle aspettative.

Se credi di poterti arricchire perseguendo questo cammino, trovo che tu sia fuori strada. Le redazioni dei giornali, quei pochi giornali che ancora resistono, più che assumere, licenziano i collaboratori, e i cosiddetti freelance non vengono pagati o ricevono retribuzioni più che ridicole.

Vivere di musica non è mai stato facile. Credo però che con tanta determinazione, un’azzeccata progettualità e una buona dose di pelo sullo stomaco e tanta fortuna, in entrambi gli ambiti sia possibile nel corso degli anni “sbarcare il lunario” e arrivare a guadagnare uno stipendio minimo mensile. Se riesci a mettere in tasca quei 1000 o 1.200 euro al mese, puoi complimentarti con te stesso e ritenerti più che soddisfatto.

Che progetti e prospettive vedi per te in questo momento e per chi lavora nel settore musicale oggi in Italia?

Per quanto mi riguarda, continuerò a dirigere C magazine con l’entusiasmo di sempre, con l’intento di offrire una comunicazione indipendente e libera. Musicalmente parlando, con il mio collega-socio-compagno di ventura, Alfonso Tramontana, ho in cantiere la lavorazione di un nuovo album che dovrebbe uscire a settembre e che conterrà10 tracce inedite.

Già da anni abbiamo fondato un collettivo chiamato S.La.M. Project che si occupa di produzioni audio-visivo-letterarie, e che per la parte musicale prende il nome di Bardamu.

Le prospettive personali restano sempre quelle: riuscire a trasporre in arte quanto alberga nei miei pensieri, senza troppe aspettative, ma seguendo semplicemente il flusso del day-by-day, senza mai desiderare troppo.

In senso più generale, invece, per chi lavora nel settore musicale oggi, credo sia giunto il momento di esigere una legge sulla musica che tuteli realmente chi decide di operare in questo settore, garantendone dignità, diritti e doveri. In ambito giornalistico e letterario, attendiamo con ansia viva una legge che incentivi realmente l’editoria digitale.

Che tipo di musica ascolti nel tuo tempo libero?

In tutta sincerità, quando ho del tempo libero non ascolto musica, ma vado al bar! Quelle rare volte che infilo le cuffie nelle orecchie e clicco play, ascolto BeBop, musica cantautorale, rap anni ’90, oppure Bach suonato da Glenn Gould.

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