Copertina in stile Minecraft, canzoni che parlano di Messico e Piña Colada, un certo buon umore di fondo: i Nobody Cried for Dinosaurs si presentano così. Alle spalle hanno festival e aperture prestigiose (dal MiAmi ai The Drums): il collettivo capitanato da Gabriele Gastaldin e Federico Cavaglià, attorno ai quali ruotano diversi altri musicisti, torna a due anni dal precedente lavoro discografico con Ten Billion Years Later, in uscita oggi 15 marzo, un ep di quattro canzoni che mescola dream pop, synth, chitarrine funky e camice floreali.
Nobody Cried for Dinosaurs traccia per traccia
Il discorso si apre su Fantasy, colorata e ritmata: la finestra si spalanca su un mondo dai colori caldi, che preleva la ritmica dal rock e la proietta in un contesto di sonorità spensierate (ma non casuali né improvvisate). Rave apre su dimensioni simili, ma il ritmo è quello della festa: la chitarrina è sempre allegra, ma la struttura e le percussioni del pezzo dimostrano una certa determinazione.
Piña Colada porta direttamente sull’atollo: di nuovo chitarre gentili, ma drumming consistente per un’altra canzone ben scritta e arrangiata. Ultima traccia dell’ep è Mexico, in sostanza uno spot per il ridente (a volte) paese americano, mescolato tra piccoli riff di chitarra, tastiere giocattolo, coretti e un’allegria morbida e assolata che ha un discreto fascino.
Possiamo etichettare il tutto come un ottimo prodotto per l’estate, pur in un contesto indie, e chiuderla lì. Ma sarebbe un errore: dentro il vulcano dei Nobody Cried for Dinosaurs si nascondono piccoli segreti, lapilli incandescenti e una notevole cura del dettaglio.
