[bandcamp album=2783602227 bgcol=FFFFFF linkcol=4285BB size=grande] Padre musicista e collezionista di vinili, un’ispirazione evidente fin dallo pseudonimo, il maudit gallese Dylan Thomas, idee cantautorali un po’ laterali: queste le premesse della carriera di Thomas Dylan, che dietro lo pseudonimo cela una voglia di raccontare, anche con idee psichedeliche, condensata nell’ultimo lavoro Spleen delle sorgenti. Lo abbiamo intervistato.

Puoi raccontare la tua storia fin qui?

Sono di Bergamo e abito in Valle Seriana. Ho iniziato a scrivere canzoni  verso i quindici /sedici anni e praticamente non ho mai smesso. Dai diciotto dipingo, e anche con la pittura non ho mai smesso. Ora ho trentanove anni. Scrivo canzoni in italiano, brani acustici, un po’ bucolici folk, e dipingo soprattutto alberi.

Ho composto e inciso undici lavori tra dischi, ep, demo e collaborazioni (molti con i gruppi con cui suonavo: Violaspinto, Myblake e Uma; con i Violaspinto ci suono tuttora). Tutto indipendente. Tecnicamente, grazie all esperienza maturata in questi anni, mi sento più consapevole e sciolto, la mia arte è molto semplice, potrebbe farla chiunque. Probabilmente c’è qualcosa di più elaborato a livello vocale perché ho studiato canto sia in Italia che in India, ma nulla di trascendentale.

Nel disco ci sono idee di songwriting alla Nick Drake, ma anche spunti psichedelici sorprendenti. Quali sono i tuoi capisaldi musicali?

Nick Drake e Barrett sono artisti estremamente luccicanti… vanno davvero oltre…. anche Bob Dylan, lui (ovviamente attraverso i suoi dischi) ha il potere di darmi molta energia… adoro i Black Sabbath con Ozzy; in questo periodo sto ascoltando Serge Gainsbourg. Come psichedelia, seppur potrei risultare scontato, mi piacciono i primi Pink Floyd e ovviamente Barrett solista; Robyn Hitchcock, Julian Cope, Twink Pink, Hight Tide.

Come nasce “Nel bosco”, probabilmente la canzone più interessante del disco?

L’idea nasce dalle basi dell’Ermetismo, dove in sintesi si lavora con gli elementi. E’ stato semplice poi costruire la canzone come se si interrogassero i guardiani chiedendo loro il permesso di poter entrare nel bosco. A questo punto dopo che io e mio figlio abbiamo avuto il permesso di entrare (che poi è metaforico – micro e macro) le cose si sono fatte ancora più semplici  e scorrevoli e non ho fatto nient’altro che spiegare al piccolo alcuni insegnamenti universali basilari.

Racconta che spesso si fa un grande giro per poi scoprire che va già tutto bene. E’ sicuramente un tema che mi sta molto a cuore e che emerge spesso nei miei testi. Mi piace filtrare la realtà attraverso la mia visione delle cose, attraverso ciò che vivo e attraverso i miei studi. Praticamente il 90% del lavoro sta nella ricerca. I risultati a volte funzionano a volte meno. Grazie, mi fa molto piacere che ti sia piaciuta.

Tecnicamente per questa canzone sono partito da un giro ipnotico e dai ritornelli e quindi poi ho dilatato il tutto. Cerco sempre comunque di stare in schemi piuttosto delineati quando compongo. Ho poi lavorato alla prospettiva con le sovraincisioni e mixaggio.

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Chitarre acustiche e voci, ci sono anche un flauto e un paio di chitarre elettriche pulite. Nessun effetto artificiale sulle voci, e francamente pochissimi in tutto il disco, un po’ del mio pedale delay e una macchinetta che mi ha prestato mio fratello da DJ. Per il resto nessun copia e incolla. Per le voci ho inciso diverse tracce, un paio anche sfasate per ottenere una sorta di effetto simile a un delay.

E’ praticamente tutto naturale. Anche il master fatto è stato delicatissimo. Il master (accanto alle collaborazioni musicali di altri artisti) è stato l’unico passaggio non eseguito interamente da me. Il mixaggio è stato il momento più creativo a livello di produzione di questo disco, perchè ho lavorato sulle profondità, sugli incastri e risulta tutto molto delicato e a volte fragile. Come un mosaico.

Puoi descrivere i tuoi concerti? Quali saranno le prossime date che ti vedranno coinvolto (solo se hai già delle date fissate prossimamente)?

Certo, i miei concerti si basano sulla sola chitarra acustica, su voce e tampura. Si crea quindi un atmosfera intima e ci si impegna per renderla calda. In scaletta ho inserito canzoni di questo disco, del precedente “Cielinoncuranti” e di quello che sto attualmente realizzando. Non è un set lungo poichè preferisco non appesantire la serata. Alterno canzoni tranquille “ipnotiche” a qualcuna più sostenuta e siccome quasi tutte le mie canzoni parlano di sentimenti, è stato difficile trovare il giusto equilibrio della scaletta, ma dai concerti precedenti ho comunque imparato molto; mi sono reso conto anche che ci sono canzoni che sento meno. Ma credo sia un processo naturale. Non le suono comunque tutte.

Per ora ho ho due date confermate : il 23 aprile all Edonè di Bergamo (aprirò la serata agli Ella Goda, nel loro Show Case). E ho una serata al Museo Maglio di Ponte Nossa l’ultima settimana di agosto con l’amico cantautore Luca Dai (due set separati)… cornice pazzesca e grande energia che scorre…

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?

Nessuno in particolare, direi tutti quanti. Perché parto sempre dal presupposto che non si riesca a dividere l’arte dalla vita, non voglio però fare un discorso estremo con cose del tipo” i dischi sono come figli ” e roba simile, però credo sia ovvio che ciò che si vive emerga in ciò che si crea e questo produce inevitabilmente un bisogno di esprimersi e di confrontarsi che, anche grazie ai mezzi attuali, ha creato prodotti e circuiti indipendenti molto forti. Tanto di cappello.

Hai già iniziato a lavorare al prossimo disco? Puoi fornire qualche anticipazione?

Sì… Sto lavorando al nuovo disco e sta venendo più scorrevole dei due precedenti, proprio sul piano pratico di realizzazione. Suona, almeno finora, un po’ più sporco, anche perché sto registrando le acustiche attraverso l’amplificatore e non solo in modo naturale. Hanno già collaborato due ospiti con cui ho suonato per lungo tempo in passato.

“Labo” che in un brano ha messo le sue chitarre e i suoi effetti, ha creando uno spiritato tappeto sonoro, un sottofondo perfetto all’arpeggio portante a mò di mantra che dirige tutta la canzone. Brian invece, in un altro brano, ha suonato il piano e il sintetizzatore preparandosi in modo preciso già da casa; il fatto curioso è stato che una volta registrata la sua parte, che già andava bene, abbiamo trovato insieme una formula semplice che ci ha stupiti. Non abbiamo avuto più bisogno di toccare nulla.

I temi trattati in questo nuovo lavoro a mio parere appaiono più lucidi e quell’ attimo meno onirici dei precedenti, leggermente meno ermetici. Per assurdo però la musica sta andando proprio in quella direzione. Entrando un po’ nello specifico, una traccia fa riferimento ai grandi insegnamenti dettati dal fondatore dello spiritismo Allan Kardec; per scrivere questo brano ho approfondito e studiato le sue teorie e i suoi lavori; poi ho esposto tutto ciò con parole mie, ponendo anche domande dettate dalla mia sensibilità…

Una seconda traccia invece si rifà maggiormente ad un discorso legato al Thelema, quindi a un testo legato alla magia con la specifica di saper vivere il proprio tempo, cosa che a volte pare messa in secondo piano proprio perché attualmente ci si ascolta meno che in passato… a mio parere. Una terza invece è forse quella che si avvicina maggiormente alla poetica di Spleen delle sorgenti… un po più decadente; una canzone d’ amore delicata, una sorta di acquarello, anche un po fragile se vogliamo, che racconta del prendere senza mai chiedere.

Ne sto scrivendo una quarta invece che parla delle maschere, delle pose che poi portano ai classici clichés… ho cercato di descrivere e fermare quell attimo in cui una coppia (in questo caso) si rende conto, dopo aver puntato il dito a lungo, di essere dentro a quelle dinamiche che ha tanto criticato. Ce ne sarebbe anche una che ho già finito ma proprio non mi riesce di registrarla, magari non va d’accordo con le altre…

Thomas Dylan traccia per traccia
thomas dylanOtto palazzi (scolpiti nei cristalli) apre il lavoro illustrando caratteristiche standard del songwriting pensoso è influenzato dal folk, anche se si va più verso Nick Drake che verso Bob Dylan, in particolare con questo pezzo che ha spunti psichedelici. Nel bosco presenta un profilo più aggressivo e narrativo. Dopo poco sembra spegnersi, ma in realtà sta soltanto riprendendo forza in vista di una seconda fase fluida e scorrevole, con qualche accenno quasi progressive (in senso floydiano).
Ad altri che a te finisce vittima di una malinconia importante anche se dolce. La reiterazione delle frasi finisce per cullare l’ascoltatore. C’è maggiore impatto in Ultimo lamento, che allarga le armonie della chitarra e varia l’intensità del cantato offrendo una certa varietà di sfumature.
La breve e bucolica Strambotto fa da introduzione a Dietro il sole nella luna, che presenta un doppio livello di chitarra e un notevole senso diffuso di sensibilità e delicatezza. Si chiude con Per quella che sei, ancora chitarra e voce, in prevalenza, ma con una buona linea di basso e qualche idea vintage nella costruzione armonica. Piacevole la coda strumentale finale.
Il lavoro di Thomas Dylan è convinto e convincente. La poetica sviluppata ha caratteristiche di stile ben precise e quando lascia correre la fantasia dimostra dosi di talento notevoli.[bandcamp album=2783602227 bgcol=FFFFFF linkcol=4285BB size=grande]

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