I Cumino sono in due: Luca Vincenzi e Davide Cappelletti, alias Hellzapop. Ma corrono per quattro: il loro combo elettro/elettronico ha prodotto materiale musicale (di qualità) in dosi piuttosto abbondanti: dosi cui si aggiunge Pockets, uscito da poco (qui la recensione). Ecco la nostra intervista con il duo.
Dal 2012 a oggi due lp e due ep, cioè una media altissima per la produzione indipendente… Da dove nasce questa grande produttività e quali sono gli spunti iniziali di “Pockets”?
Cumino nasce da due esigenze fondamentali, la prima è la voglia di DARE alle persone che si mettono in ascolto, dare con una giusta misura, e la nostra giusta misura fin’ora è stata un primo disco, due ep e un nuovo disco soltanto ora.
Nascono da quattro momenti distinti e hanno storie diverse che abbiamo voluto condividere. Nel quotidiano poi sicuramente la voglia di continuare a sperimentare, a scrivere, ad ascoltare e ad ascoltarci.
Questi sono anni di grandi interrogativi e di conseguenza anche di grandi stimoli e “Pockets” nasce un po’ da qui, da una semplice ammissione di cio’ che siamo con tutto quello che significa, mentre ci si guarda e si rimane confusi, e ci si vorrebbe forse migliori o diversi, per poi capire che non c’è davvero nulla da pretendere a volte, ci sono stagioni da attraversare e il tempo cambia a tratti.
Nel vostro lavoro si avverte in maniera distinta il senso del dialogo fra chitarra e synth/programmazione/elettronica. E’ così anche in fase di composizione oppure lavorate separatamente alle vostre idee e le assemblate in un secondo momento?
Questo dialogo credo che generalmente tendiamo a cercarlo molto prima di entrare in una fase compositiva o di studio, è qualcosa che sinceramente ha più a che fare con le cose che stiamo ascoltando in un momento, o le idee che abbiamo o i suoni che immaginiamo, che osserviamo come pesci rossi dentro un acquario.
Voglio dire che il processo di lavoro è qualcosa che ha una radice prima emotiva e culturale. Spesso accade che la prima stesura di un pezzo la proponga io che sono fondamentalmente alla chitarra, e dunque la struttura portante sia quella e Davide poi ci lavori proponendo una versione del brano che allo stesso tempo è poi quella determinante, proprio per un processo di dialogo e di sinergia per cui le cose coesistono solo se insieme e bilanciate.
Per il genere di musicisti che siamo abbiamo bisogno del contempo di spazi personali dove sperimentarci, per poi tornare su un punto comune a raccontarci cosa abbiamo indagato, che viaggio abbiamo fatto.
Ci sono poi eccezioni piacevoli e sono momenti altrettanto magici, penso a “Two spheres”, brano contenuto nel nostro ultimo lavoro, che è partita da un provino di Davie ,secondo me stupendo fin dal primo momento, e non vedevo l’ora di poterci lavorare per dare giusto alcuni sapori a un pezzo che già stava raccontando qualcosa.
Oppure “Her”, primo singolo di “Pockets”, che ho scritto alcuni mesi fa e tenuto in un cassetto fino all’ ultimo giorno di produzione del disco, il pezzo stava in piedi da solo e diceva ciò che aveva da dire, Davide ha suonato e arrangiato parti senza le quali non sentiremmo quello che sentiamo ora. Dunque, è sempre un equilibrio, c’è una formula, ma a volte le reazioni generano cose diverse.
Mi spiegate il titolo dell’album?
Cercavamo una parola che riassumesse cose “complicate” e alcune riflessioni che ci siamo portati in valigia a Berlino quest’ estate, ma non ci andava di indicare un tema in particolare, credo che tutta una serie di pensieri o di sapori o di congetture siano in buona parte, in fondo, correlate e collegate tra loro, sia nelle cose della vita, quelle “grandi”, che nel quotidiano e in cose piu’ banali se vogliamo, e quindi sempre “grandi”.
Pockets sono tasche in cui lasci scivolare qualcosa, in cui infili le mani per tenerle al caldo o per assumere una postura, sono luoghi dove ritrovi qualcosa ma anche dove perdi qualcosa.
Circa un anno fa avete curato la colonna sonora del documentario naturalistico “Fontanili”: che tipo di esperienza è stata e pensate di replicarla in futuro, qualora ce ne sia la possibilità?
E’ stata un’ esperienza liberatoria e piacevole, non avevamo in programma un nuovo ep, almeno non in quel momento. Ci piaceva l’idea di accettare la proposta di Emanuele Rozzoni, un amico e regista di cose delicate e intense, di fare qualche sopralluogo a camminare e a sentirci raccontare il “perché” c’era un occhio puntato sull’ idea di fontanile, qui, in zone di provincia piuttosto meccanica.
Incuriosiva dunque il tema e musicalmente era fonte di ispirazione per qualcosa che poi è quello che potete sentire in “Just melt”, che di fatto è buona parte del lavoro che abbiamo fatto per il documentario, ci sono poi alcuni brani che sarà possibile sentire unicamente vedendo il film e che abbiamo preferito lasciare solo li’ .
Sicuramente la possibilità di lavorare con le immagini, con il documentario o i vari possibili taglie e formati di ripresa cinematografica e video ci interessa ed è cosa che valutiamo sempre con attenzione nel contempo, la capacità di poter sostenere e partecipare a cose di questo genere da parte nostra non è quell’automatismo per cui ”facciamo musica strumentale quindi sarebbe perfetto”…
Per noi è importante dare un senso alle cose che facciamo e metterci sempre in condizione di DARE alle persone nel modo che sentiamo e in maniera sincera.
Mi sembra teniate in alta considerazione l’attività live: avete già qualche idea sul prossimo tour e quali saranno le prime date?
Il live è un universo parallelo, in cui si sviluppano altri suoni e i brani crescono in maniera diversa, interessante, intensa, è un’ esperienza sempre dinamica che viene influenzata da tanti fattori, e dunque è stimolante e sempre densa di emozione e di percezioni del suono, delle persone che attraversa, o su cui rimbalza o sui cui entra e si ferma un po’.
Siamo rientrati da Siena in questo momento e la serata è andata stupendamente. Abbiamo suonato per la prima volta alcuni brani di “Pockets” e devo dire che, come sempre, ci riteniamo davvero fortunati, da quando esiste Cumino abbiamo incontrato solo persone gentili, stupende, interessate, per molti versi amorevoli e culturalmente molto attente, è davvero una rarità che credo in tanti ci invidiano e ne siamo consapevoli.
A gennaio iniziamo ad andare in giro in maniera piena a raccontare un po’ il disco nuovo, credo ci saranno diverse occasioni, radio, partecipazioni possibili, ma onestamente credo sia giusto che la “misura” in cui questo avverrà lo decida anche in parte l’ascolto del disco da parte di chi si farà abbracciare da quello che abbiamo fatto.