I Globetrotter sono un duo math rock di Benevento che nel 2012 ha pubblicato un primo episodio, omonimo, piuttosto interessante.
Ora il discorso si infittisce, perché i due hanno pubblicato Fibonacci, disco intitolato al matematico pisano celebre soprattutto per aver scoperto l’omonima serie di numeri dalle proprietà e dai rapporti particolari.
La stazione di partenza è Taurina, una fuoriuscita progressiva di magma che dopo l’introduzione a passaggi alterni passa il controllo alla chitarra, che senza alzare mai troppo la voce disegna assoli e geometrie già piuttosto articolate.
Maggior calma e anche una chiara impostazione jazz per la prima parte di Untore, anche se le sgasate di chitarra prendono ancora una volta il sopravvento, senza però alterare la plasticità del brano.
Robusta l’impostazione di Pachiderma, che si articola in fasi diverse con un drumming articolato ma sempre incalzante.
P-Skip sperimenta con giochetti di vario tipo, come le tracce suonate al contrario ed effettate, e funziona da intermezzo prima di The March of lefthanded butterflies, che si caratterizza per un suono sostanzialmente hard rock.
Più fitta la trama di Boaka, i cui intrecci portano ad altri assoli di livello alto. Il brano di chiusura è invece King Cococock, impostato sulle tonalità del basso, con uno sfoggio di abilità strumentale non comune.
Sono le tonalità e i colori del jazz a prendere spesso il sopravvento nell’arco di un disco che però sfocia in suoni più duri con una certa frequenza.
Si avverte una crescita rispetto al disco precedente, anche se l’impressione è che si possa osare anche di più e che si possa introdurre maggior varietà nel quadro generale.
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