La recensione: “Virale”, Il Vuoto Elettrico #TraKs

Esce oggi per Dreamingorilla Records e Banksville Records l’esordio de Il Vuoto Elettrico, Virale: undici tracce roventi e brutali, con un suono vicino all’hardcore e con testi che mirano a squarciare parecchi veli.

Il disco è prodotto da Fabio Magistrali e si lega a ottime tradizioni rock e post rock italiane, ma portando spesso alle estreme conseguenze alcuni movimenti già accennati.

Dopo la breve introduzione di Virale, che passeggia ai bordi del noise, parte Il Ruolo del Perdono, impostata su riff di chitarra particolarmente acido. Da notare però anche le parentesi simil-psichedeliche inserite nel brano.

Lo schema ad accelerazioni e rallentamenti successivi si ripete anche per Le Lacrime di Dio, in cui si avverte una radice blues: si prosegue comunque sul piano della “cattiveria” di fondo del disco.

Con accenti che possono ricordare i primi Afterhours arriva Arianna Tace, che assume il tono dell’invettiva, con un cantato che, come spesso nell’album, è più un recitato.

Cibolesbico alza ulteriormente volume e livello degli scontri, mentre Asso di Spade parte con immagini allucinate e uno scheletro scarno di canzone. Poi arriva la batteria, a sottolineare le prospettive di quello che ha tutta l’aria di un suicidio per overdose, arricchita dal clarinetto di Paolo Cantù.

Sabato d’inverno torna a dinamiche meno minimal ma sempre venate d’inquietudine. La chitarra prende possesso della scena, le radici della furia si possono far risalire al rock italiano e non degli anni Novanta.

Il Tuo Ego, il mio crollo si stacca perché i suoni sembrano proporsi in modo meno asfissiante, ma l’aggressività permane nel testo e in alcune ondate del brano. Con Labirinto di cani si torna a suoni crudi anche se gli echi applicati alla chitarra fanno effetti strani.

C’è poi la cover di Emilia Paranoica, classico dei CCCP che qui risulta ancora più paranoico e oscuro, con propaggini industrial. Ospite della canzone è Manuel Cristiano Rastaldi degli ZiDima. La canzone di chiusura è Jean, che dopo una breve introduzione sottovoce riprende la corsa con l’intensità ormai consueta.

La scelta, con Il Vuoto Elettrico, appare piuttosto semplice: c’è la rabbia, e c’è l’allucinazione. Il piccolo mondo di paura creato è molto coerente e ha muri altissimi.

Le diee della band lombarda sono chiarissime e le portano avanti con una chiarezza invidiabile. Se riusciranno a mantenere questo tipo di integrità senza sgretolarsi avranno un futuro molto interessante.

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