“Sowing light”, I Salici: la recensione #TraKs

a2100130311_10I Salici sono un collettivo nato attorno al festival di arti nella natura Aeson  che dal 2008 si sviluppa tra le rive del fiume Isonzo in Friuli appunto, cercando confronti e scambi costruttivi e creativi tra arte,natura e comprensione dei luoghi”.

Un fiume, un festival, e la musica di un gruppo che, a dispetto delle possibili apparenze, non suona una musica eterea persa in paesaggi incantati: c’è sogno ma anche realtà all’interno di Sowing Light, secondo disco de I Salici.

Vaghi sapori d’oriente ma anche fiati piuttosto occidentali all’interno della traccia d’apertura, Ocean’s Outshine, che lascia in bocca qualche sapore progressive pur non estendendosi a suite.

Ritmi più alti invece per Fernando, con un drumming rumoroso ed eclettico, cui fa seguito una coda con assolo di chitarra abbastanza sorprendente.

Il ritmo è crescente in Wild One, di nuovo accompagnata da fiati, e da un transito veloce di chitarra. Velocità addomesticata, invece, all’interno di Got a Clock, che può richiamare qualcosa del primo grunge.

Young heart be in love tonight acquista di nuovo un passo incalzante, facendo uso di tutti gli strumenti a disposizione per trasmettere un’idea di dinamismo, che permea il brano dall’inizio alla fine, con code psichedeliche sempre più evidenti.

Vaghi ricordi di Tangerine’s Dream nelle mosse fluide e sinuose di Round & Round, che ha un sapore spiccatamente vintage (quasi di folk medievale), soprattutto nella coda finale.

Atmosfera da big band all’interno della rumorosa e colorata Mariutta, mentre cambia il clima e si fa più incisivo nell’aggressiva Bee Bop, che  di nuovo mette in scena assoli di chitarra che spuntano dal nulla, qui con colori quasi metal.

C’è bisogno di una pausa, ed ecco appunto Louder than so, ballata con appendici ancora dal sapore vagamente prog ma senza varcare mai il confine.

Anche il finale è morbido, e la tentazione della suite, che serpeggia per tutto l’album, alla fine approda a un risultato piuttosto corposo: Bossanova otto minuti di canzone, con cambi di ritmo e sonorità (che però alla bossa nova propriamente detta non è che si avvicinino poi tanto).

Ottima prova per la band friulana, che dimostra di saper giocare con i collage sonori, pasticciare con i ritmi, allargare le distanze senza mai perdere di vista né l’obiettivo finale né la sostanza della propria musica.

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