Secondo disco per gli Shed Of Noiz: il gruppo, formato da Luca Bicchielli alla voce, Dario Mario Sardi alla chitarra, Giulio Panieri al basso e Mattia Salvadori alla batteria firma Ad Sīdĕra, pubblicato dall’etichetta siciliana Sinusite Records.
La base è rock, ma la band non si tira indietro né di fronte alla melodia né sul versanti che confinano con lo stoner, facendo però molta attenzione anche ai testi, in italiano.
La partenza del disco, con La nostra rotta, fa registrare ritmi piuttosto contenuti e una potenza trattenuta, ma l’aria è già colma di minaccia. Ci sono tratti melodici nella seconda parte della canzone, ma si ritirano presto in buon ordine.
Il discorso sonoro si infittisce in Jimmy Massey (Come Cowboy): il brano fa riferimento a un Marine che ha militato in Iraq dove la guerra e i suoi orrori gli hanno aperto gli occhi, tanto da diventare attivista antibellico. Il testo e le chitarre trasmettono in pieno il senso del dramma.
Più ci pensi meno Lo-Fi porta in dote un gioco di parole piuttosto criminale (ma divertente) per un brano solo chitarra e voce da un minuto e mezzo.
Ma si tratta di prendere fiato: ben altro il respiro di Soyuz, che apre su soundscape apocalittici, che si placano in parte quando entra il cantato.
Di inquietudine in inquietudine si giunge a Ovest, che si mette a giocare con i suoni per tessere un tappeto curato ma piuttosto minimalista, con grande attenzione al senso della misura.
4351 vede le chitarre protagoniste, ma va sottolineato un atteggiamento piuttosto “sinfonico”, perfino con qualche eco progressive e con un finale che ondeggia tra aggressività e melodia.
Idee chiare di rock’n’roll per Vuccirìa, diretta e piuttosto spinta a livello di ritmi. La congiunzione latina Ut (che però nella notazione primitiva di Guido d’Arezzo rappresentava il Do) dà il nome a un’escursione strumentale che si può definire post rock senza patemi d’animo.
Si chiude con la lunga progressione di Atto III, sette minuti e mezzo in cui hanno tempo e spazio momenti differenti, caratterizzati da un incedere progressivo e sempre più potente.
Colpisce, nella band, il fatto che in molti brani dia l’impressione che, se volesse, potrebbe fare molto più rumore di così. Ma il rumore è buono quando è necessario: la potenza dosata anzi colpisce di più.
Il disco è ricco di promesse, alcune delle quali già mantenute, alcune invece relative a un futuro che si spera brillante. Tirando la somma alla fine del foglio ci si trova di fronte a un disco molto completo e significativo.
