Altea, “Nessuna”: la recensione

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Esce in digitale per Sugar Music Nessuna, l’ep di Altea. Un lavoro che nasce dal bisogno di fermarsi e ripartire da sé, dopo un periodo di silenzio e di ascolto. Altea nasce in Salento, in una casa dove la musica è una lingua familiare.

Il padre, fondatore del gruppo Alla Bua, le trasmette l’idea della musica come forza collettiva e politica; la madre, insegnante di yoga vicina alla spiritualità buddista, le insegna l’ascolto e la presenza. Due mondi lontani — la Taranta e il mantra — convivono in lei come due forme di trance: una radicata nella terra, l’altra sospesa nell’aria. In questo equilibrio tra rito e meditazione, tra ritmo e silenzio, si fonda il suo modo di fare musica.

Dopo la laurea in psicologia, con una tesi sulla Taranta come rito di guarigione, capisce che la musica può essere strumento di conoscenza e cura. Durante la pandemia inizia a pubblicare video chitarra e voce, piccole prove di sincerità che la riportano al centro di sé.

Poi Napoli: la scena del collettivo Thru Collected, il primo ep Non ti scordar di me (2022), l’urgenza di appartenere e poi la necessità di separarsi. Quando il rapporto con il collettivo si sfilaccia sceglie il silenzio. Non come fuga, ma come fedeltà a sé stessa.

Con Valerio Fatalò (basso) e Ben Romano (chitarra) costruisce un live in continua mutazione, un organismo vivo dove le canzoni cambiano forma e respirano insieme al pubblico. Le luci e le immagini di Francesco Savaglia amplificano questa dimensione percettiva, trasformando il palco in uno spazio di esperienza più che di rappresentazione.Il live diventa un veero e proprio esercizio di presenza, di vulnerabilità.

Altea traccia per traccia

C’è una voce in qualche modo malata all’interno di mia, che apre l’ep con sofferenza evidente: “I nostri giorni felici/li hanno presi i fotografi“. Comete pronte a esplodere sull’onda di una chitarra acustica che viaggia a loop e in modo piuttosto ipnotico.

Estetica piuttosto glitch nelle prime note di accompagnamento, che poi viaggia in elettronico in maniera minimale ma anche capace di crescere di volume. “Volevo solo un po’ d’amore un po’ di pace“, mentre la tromba aggiunge note acide sullo sfondo.

Alto il mento gioca con i ritmi e le sensazioni sintetiche, in un pezzo che corre e che picchia abbastanza, con voce sottile ma percussioni molto sonore.

Note di pianoforte e una malinconia importante nella ricerca di una “Alice”, mentre le nuvole rotolano fuori dalla finestra. Passaggio breve di chitarra per la outro nuvole.

Con estati peggiori ci si trova di fronte a un movimento ascendente morbido, con una ritmica in accelerazione e una tensione di fondo che monta piano piano. Dettagli sonori e vocali si costruiscono un po’ per volta.

Il lavoro si chiude con vertigine, dolce e distante, giocata su piccoli suoni ripetuti e su un senso complessivo di atmosfera che sembra voler abbracciare.

Con influenze internazionali importanti plasmate e fatte entrare sottopelle per renderle personali e intime, Altea confeziona un ep rapido ma capace di lasciare un segno importante. Originalità, fluidità di composizione, qualità complessiva. Il riferimento qui sotto a Emma Nolde è sicuramente per alcune similarità sonore, ma anche un augurio, perché le potenzialità per diventare una voce alternativa importante ci sono tutte e sono molto evidenti.

Genere musicale: alternative pop, cantautrice

Se ti piace Altea ascolta anche: Emma Nolde

Pagina Instagram Altea

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