Post Utopia Soundscapes è il secondo lavoro del trio electro rock veneto Bright Lights Apart: nuova line up, nuove sonorità per la band che abbiamo intervistato.
Il nuovo disco è frutto anche di un cambio di line-up: quali sono state le dinamiche che vi hanno portato al cambiamento?
Be’… Posso dirti innanzitutto che portare avanti un progetto underground come il nostro è un’attività infame. Intendo che la musica deve inserirsi in mezzo a tutti i casini che la vita di tutti i giorni ci sottopone e bisogna avere delle forti motivazioni per poter lavorare bene e sviluppare il progetto.
Per esperienza posso dirti che nell’underground stiamo parlando di una sorta di congiunzione astrale, è molto difficile che quattro o cinque persone abbiano le stesse motivazioni e le stesse aspettative a riguardo a come gestire la band, ognuno vorrebbe la band cucita su misura ma non è possibile, e questa è la situazione in cui ci siamo trovati con il precedente disco. Niente di grave comunque, ci siamo parlati a quattr’occhi prima che i rapporti andassero in frantumi definitivamente ed è stata un decisione saggia. Al di fuori della band i rapporti con gli ex componenti sono ottimi.
Mi sembra che il disco suoni davvero in modo potentissimo. Avevate questo livello di potenza già in mente quando siete entrati in studio?
Per quanto mi riguarda assolutamente no. Sicuramente volevo scrivere un disco fortemente elettronico però non avevo proprio idea di dove saremmo andati a finire. Diciamo che il responsabile di questa direzione è stato Dave più di tutti. Ci ha detto fin da subito di produrre del materiale che avesse un forte impatto perché voleva fare un disco che fosse un bel pugno in faccia.
Be’… Lo abbiamo accontentato alla fine! Diciamo che produrre potenza non è una roba che ci viene difficile, abbiamo tutti un passato in generi come punk, rock, metal e affini, quindi sappiamo picchiare duro.
Avete dichiarato che dovevate cominciare a scrivere musica “come dei producer” e lo avete fatto. Volete spiegare la differenza ai profani?
Molto semplicemente posso dirti che noi non lavoriamo più come una classica band. Intendo dire una band dove hai un lineup fissa con ruoli ben determinati. Abbiamo tutti suonato per anni in quelle situazioni e sinceramente siamo stufi, proprio per i motivi che ti ho accennato prima. Si perde più tempo a gestire le situazioni personali che a fare musica e anche nel fare musica hai delle forti limitazioni, perché devi scrivere musica per i musicisti che hai nella ed è un forte limite per la scrittura.
Di conseguenza lavoriamo come dei producer perché la canzoni non nascono più jammando in sala prove, ma vengono scritte e prodotte davanti al computer facendo quello che vogliamo, usando i suoni che più ci aggradano, strutturando la musica come ci è più congeniale. E francamente non vogliamo più tornare indietro perché stiamo troppo bene. Siamo un team di tre persone, facciamo della musica e poi per suonare dal vivo una soluzione verra trovata. Si lavora da dio.
Perché avete scelto “Bad Morning” come singolo?
Eravamo seduti nel nostro piccolo studio con il il ragazzo che ha fatto le riprese, un paio di birre e il disco in sottofondo. Si ragionava appunto su quale canzone scegliere come singolo, tutti si sono trovati d’accordo su Bad Morning, perciò così è stato. Effettivamente, però, è ben rappresentativa del nostro sound attuale. Una bella base drum and bass bella potente, super bassi, un suono di chitarra ultra digital fuzz, parti vocali quando servono..è un bel biglietto da visita.
Dichiarate amore per i Prodigy. Se invece doveste citare una band contemporanea che vi unisce, chi scegliereste?
Bloody Beetroots sicuramente. Effettivamente lo abbiamo usato come nostro punto di riferimento durante la produzione del disco, non tanto per imitarne il suono ma proprio come attitudine. Un produttore edm che fondamentalmente si approccia alla sua arte come un lurido punk rocker, fantastico!
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