Con svariate esperienze dal vivo, in festival e con qualche pubblicazione alle spalle, ecco Il caffè dei treni persi, band nata nel 2007 sotto l’egida della tradizione cantautorale italiana, da De André in qua, con qualche solida radice folk. Il nuovo disco si chiama Reincarnati male e contiene numerose sensazioni e suggestioni.
Il caffè dei treni persi traccia per traccia
Si parte già con una certa dose di acidità con La fabbrica di pneumatici, che introduce al sound tradizionale della band ma anche a testi che parlano di lavoro e attualità. Luoghi extracomunitari si fa anche più arrabbiata, mettendo in evidenza le capacità di scrittura della band. Impronta folk acustica per Mani in pasta, che può ricordare Bennato per atteggiamento e impatto.
Episodio più morbido e quasi sognante Shoeshine, che parla di lustrascarpe e dignità su una base di soft blues. Meno soft il discorso di Gambe tra la coda, con un testo che sovrappone diversi livelli di lettura, tra metafore motoristiche e animali. Evoluzioni di chitarra per lo strumentale Topinambur, mentre Turista se la prende con gli atteggiamenti “fotografici” e le prese di distanza dai problemi di altri continenti.
Scrittori e conigli si immerge in ritmi da bossa, inseguendo la ritmica dettata dal basso, in una session che si fa piano piano più allargata, fino ad aperture che fanno pensare al progressive anni Settanta. Morti di fama rilancia sul lato acido, in un’alternanza di chiariscuri. Si torna a soluzioni più morbide con L’amore del ciclope, che chiude il disco.
Album curioso e fantasioso, quello de Il caffè dei treni persi, che mette in evidenza qualità musicali indiscutibili accanto a una scrittura brillante. Utilizzando quasi esclusivamente strumenti tradizionali, la band riesce a disegnare quadri molto colorati e a lasciare un’ottima impressione delle proprie abilità.
