Dopo un percorso fatto di concerti, prestigiosi premi, poesie in musica e un disco d’esordio (Via Aquilone, 2014) che aveva saputo attirare su Chiara Effe l’attenzione di pubblico e addetti al settore, la cantautrice cagliaritana “riporta tutto a casa” puntando la bussola della propria anima su un luogo fatto di canzoni e note capaci di spalancare mondi e universi che prendono corpo dalle piccole cose di una quotidianità sempre più caotica e furiosa: nel grigio diluvio della contemporaneità, che sembra averci fatto smarrire la via di casa, Chiara Effe offre un riparo sicuro per le fragilità di tutti in Via Giardini, il suo secondo disco, con la collaborazione di Federico Sirianni (in La danza della parole) e Alessio Bondì (in La ballata del mare).

Ciao Chiara, ti va di scegliere qualche aggettivo capaci di sintetizzare il tuo nuovo disco?

Ci provo: ritardatario, colorato, malinconico, sardo, fuori moda.

Sei una cantautrice navigata, che di strada ne ha fatta e macinata. Eppure, negli ultimi anni, hai pubblicato solo due dischi, separati da nove anni di attesa. Cosa ne pensi di chi, oggi, continua a promuovere una comunicazione fatta di singoli e di tempi brevi? 

Ognuno ha il proprio modo e i propri tempi per far uscire fuori ciò che produce. L’importante è sempre e comunque restare fedeli a se stessi senza seguire i tempi del mercato che corre. Non devono essere gli altri a dettare le tempistiche. Mai. Ci vuole delicatezza, dolcezza e rispetto per sé.

C’è un messaggio di incontro, di speranza e di ricerca emotiva che anima tutto il disco: quali sono i valori essenziali che hanno guidato la scrittura del disco?

L’amore per la verità, per la leggerezza, per la malinconia, per la poesia delle piccole cose, quelle che spesso passano inosservate.

L’ironia è un altro dei punti chiave della tua poetica: si avverte in diversi brani la linea sottile che disegna il sorriso su volti spesso fin troppo contratti. Quanto è importante saper “alleggerire” talvolta il tono, senza per questo diventare superficiali?

L’ironia è un insegnamento della vita che bisogna saper cogliere per restare vivi, per continuare a respirare senza ansia e per affrontare le tragedie a volte. Me l’ha insegnata mio nonno, che ha sempre avuto quella leggerezza senza perdersi in superficialità o banalità. Giocare è una cosa seria. E l’ironia ti chiede questo: gioca, dai!

Alcuni elementi cardine della tua discografia li ritroviamo anche qui, come fossero dei temi ricorrenti dei tuoi pensieri: il mare e l’elemento acquatico, quasi “zen”, è uno di questi. Che rapporto hai con la salsedine? 

Ho un rispetto immenso per il mare, è un padre. Severo e giusto a volte. A volte no. Mi separa dal mondo fin dalla nascita, lo devo continuamente attraversare per tornare a casa. Ti chiede chi sei e forse alla fine te lo svela pure, perché lui lo sa. Ti ci devi confrontare perché è da lui che vieni ed è a lui che torni. Non esiste scelta nella mia vita che non passi per il mare.

Tra l’altro, ora vivi a Torino, lontana dal mare della tua amata Sardegna. Come hai vissuto questo spostamento, in questi anni di “traslochi”?

In realtà più che il mare è il cielo che mi manca. Questa è una città fatta di orizzonti verticali: devi guardare in alto per trovare il respiro dell’infinito. Ma il cielo che si presenta per la maggior parte dei giorni nell’anno, non è di certo quello a cui ero abituata a Cagliari. Nonostante tutto resta la città che amo e che sposo ogni giorno, nel bene e nel mare.

Facciamo un gioco: associa a ogni canzone del disco un quadro o un libro che potrebbe raccontarla!

Va bene ma non mi limiterò a libri o quadri penso! Dentro la mia voce: gli orologi molli di Dalì . La strada dei giardini: le poesie di Vivian Lamarque. Non son buono: L’ingresso di Casa Memoria Peppino Impastato a Cinisi. La ballata del mare: L’immagine del corpo di un bambino portato in riva dal mare, morto e immobile, di qualche anno fa. Le mie parole: la pagina bianca di un quaderno a righe nuovo. Un pranzo da re: il colore delle sbucciature alle ginocchia quando si cadeva sull’asfalto giocando a pallone. Il colore della mia città: i quadri di mio nonno che ne dipingeva ogni scorcio.

Via Serpentara: i fenicotteri rosa che volano al tramonto sopra le este dei cagliaritani. Il poeta di pietra: il disegno di un bambino che disegna la linea dell’orizzonte e il sole in alto a sinistra. Undici: gli album di figurine dei calciatori. Nasconditi gli occhi: il vestito da festa tradizionale in broccato di Cagliari. Anninnia: le lettere di Antonio Gramsci.

Hai in previsione un tour promozionale?

Speriamo di cominciare a gennaio!

Pagina Instagram Chiara Effe

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