Il duo elettronico milanese Cumino ha di recente pubblicato Godspeed (qui la recensione) lp successore di Pockets (2014). Luca Vicenzi (chitarrista e sperimentatore sonoro) e Davide Cappelletti (polistrumentista e producer di musica elettronica) puntano direttamente al subconscio, con scenari di spazialità peculiare.

Potete raccontare come nasce questo nuovo disco, con quali presupposti e quali particolarità?

Guarda, dalla semplice voglia di continuare a fare musica che ci piace. Semplicemente ci occupiamo di musica che ci piace, le altre caratteristiche credo vengano di conseguenza, la produzione, le immagini, i richiami e le atmosfere, sono emozioni nostre che condividiamo.

Mi sembra che il vostro nuovo disco, forse più dei vostri lavori precedenti, si muova in diverse direzioni, come a suggerire una spazialità molto vasta e orizzonti lontani…

Sì sono d’accordo, credo sia una percezione frutto in parte del modo in cui è stato registrato e prodotto. Paradossalmente aver avvicinato l’ascoltatore piuttosto che ammaliarlo di echi e riverberi lontani credo abbia permesso di sussurrargli piu da vicino questa sensazione quasi di cosmogonia.

A cosa si riferisce il titolo dell’album, “Godspeed”?

E’ una parola usata in prevalenza negli Stati Uniti, un augurio che noi in italiano non abbiamo, un po’ come per certe parole composte di lingua tedesca che riescono a riassumere un’emozione o un comportamento.

E’ un termine ben augurale, che sia un viaggio bello, forte, intenso e positivo.

La vostra attività dal vivo è sempre stata molto variegata e anche ricca di collaborazioni. Che cosa avete in programma per il prossimo futuro?

Abbiamo innanzitutto deciso a differenza che in passato di non buttarci subito a capofitto nelle date. Ci sono cose in programma ma ci stiamo ancora lavorando, meno date ma sensate, nei momenti e nelle situazioni che ci mettono a nostro agio. Non dobbiamo “spingere a forza” nulla, tanto meno la musica. Ci prendiamo il giusto tempo e modo ecco, vedremo.

Vista da fuori mi sembra che la scena elettronica italiana sia sempre più ricca di voci differenti. Come la giudicate voi dall’interno?

Ci sono cose interessanti qua e la, non credo ci sia una scena però. Credo ci siano dei progetti o degli artisti su cui una certa filiera fatta di agenzie, booking, etichette, promoter e siti, decidono per tante ragioni di puntare o meno.

A volte credo manchi un po’ di sana originalità, o almeno il tentativo. Cose già sentite in tutte le salse altrove, riproposte e ritinteggiate per un pubblico “indie” italiano. Detto questo c’è molta roba in giro ed è un piacere poter rimanere in ascolto a scoprire musica.

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