Dutch Nazari, “Guarda le luci amore mio”: la recensione

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Come detto, oggi TRAKS si ferma come gesto di solidarietà nei confronti delle vittime del genocidio in corso in Palestina e della Global Sumud Flotilla, fermata in modo illegale dalle forze israeliane in acque internazionali.

Ma siccome l’arte e la musica hanno anche, se non soprattutto, il compito di far pensare e di aiutare ad aprire gli occhi sulla realtà, facciamo un’eccezione per il disco di Dutch Nazari, uno che gli occhi aperti li tiene sempre.

Guarda le luci amore mio è il suo quarto album, in uscita per Woodworm. Padovano classe 1989, Dutch Nazari si è fatto conoscere come una delle voci più originali e letterarie della nuova scena italiana. Undici canzoni con due collaborazioni di alto livello, con Levante e Willie Peyote.

Sono arrivato a questo titolo attraverso la bibliografia di un altro libro molto importante per la mia vita. “Guarda le luci amore mio” l’ho scoperto così: è un libricino in forma di diario, in cui l’autrice — Annie Ernaux, una grande letterata francese che poi avrebbe vinto anche premi prestigiosi per i suoi romanzi — annota per settimane consecutive i pensieri e le osservazioni che le vengono andando sempre nello stesso supermercato a fare la spesa. Mi ha colpito perché se io descrivo un mondo in cui tutto è sempre più commerciato e commercializzato, e quindi inevitabilmente anche pubblicizzato, ciò che viene messo in commercio dev’essere venduto come straordinario, bellissimo, incredibile: allora mi sono accorto che, in fondo, sto facendo lo stesso anch’io. Sto “esponendo sugli scaffali” le mie osservazioni, i miei pensieri, come se mi trovassi dentro a quel supermercato

Dutch Nazari traccia per traccia

L’album si apre con la semi-title track Guarda le luci, già presentata come singolo: il fischio del missile che arriva ci coglie mentre ci facciamo gli affari nostri e badiamo alla nostra piccola quotidianità. Il mondo cade anche perché fabbrica milioni di identità “per poterne considerare solo alcune di serie A“. Il mix tra pop cantautorale e hip hop di Dutch è sempre più raffinato e ben mescolato.

Acquisti al supermercato (a Baggio: qualche volta ci si becca al Tigros, Duccio) e desideri irrealizzabili in Gasati un mondo, duetto con Willie Peyote che mette in evidenza moltissime nostre contraddizioni, di noi che cerchiamo i prodotti bio che rispettino i diritti dei lavoratori, e poi ce li facciamo recapitare dai fattorini supersfruttati di Glovo.

Ritmi martellati in Sabato sera, che parla di guerra, di carcere per i rave, di dipinti imbrattati: l’attualità si impadronisce di una canzone cantata in modo gentile. La prospettiva della galera si coniuga con le dolcezze di un rapporto di coppia: “Tu pensa se domani suonano/ e devo prendere su il fucile/ come cent’anni fa sulle Alpi/ sparare agli altri non è gentile“. Meglio far parlare chi la guerra e la galera le ha conosciute davvero, e infatti a chiudere ecco la voce di Pertini.

Si cerca un colpevole ne L’eroe, che vuole un modo per interrompere la catena, ballando un po’ e facendo perno sul ritornello “dai e ridai“. Citazioni di brani hip hop e pop storici si affollano in un brano con accenni di dance mentre lo scaricabarile delle responsabilità diventa la regola di vita attorno alla quale si costruisce ormai l’esistenza.

Contrappunto parla di vecchi film e di dolori psicosomatici, entrando in un’atmosfera di intimità molto soffice a dispetto delle molte preoccupazioni che spuntano nella quotidianità. E ci sono questioni di fragilità e la voce di Levante che avvolge e accarezza in Passeggeri: sul treno dei pensieri salgono le due voci che si sposano in maniera perfetta, per una ballad particolarmente delicata.

Problemi di vetri sporchi e di multe sul tergicristallo in Fatto male, che approfondisce i battiti e si fa piuttosto cupa: “i fiori non hanno i petali così non so se mi ami“, mentre si descrive un dolore emotivo che parte da lontano e che non sembra voler cessare.

Nella vecchia discoteca” non suona come “nella vecchia fattoria” ma ci sono comunque immagini vintage e anni Ottanta in Anche la luna, che poi accelera ma conserva la sua atmosfera felliniana, raccontata con penna da scrittore o forse da regista.

Si scivola sui ricordi ne L’Islanda, che fa disegni di una lei nuda. Ma lei non c’è più e sono rimaste soltanto memorie amare e immagini che si affollano molto fitte e dense in un pezzo che parla di birre cinesi e di abbracci particolarmente freddi.

A chiudere ecco Von Der Leyen (freestyle): gli “internettuali” e le loro opinioni prendono piede in un pezzo che apre qualche idea di dissing ma che si concentra soprattutto sulla pochezza culturale che varchiamo giorno per giorno.

Nei molti volti che il disco di Dutch Nazari presenta c’è un fil rouge, cioè la tensione causata dalla realtà che prende la pistola e spara tutto intorno. Così anche quando si parla di rapporti di coppia e di intimità, e succede abbastanza spesso, anche quando si sorride, c’è sempre quel retropensiero che non lascia tranquilli.

Ma il disco sa trasmettere molte emozioni diverse e mette in evidenza la scrittura del cantautore/rapper padovano, che è sempre più abile nel mescolare le carte e nel mostrare idee con molte facce e qualche spigolo.

Genere musicale: hip hop, cantautore

Se ti piace Dutch Nazari ascolta anche: Willie Peyote

Dutch Nazari in tour

21 novembre 2025 – Perugia (Urban)
22 novembre 2025 – Padova (CSO Pedro)
25 novembre 2025 – Milano (Santeria Toscana 31)
27 novembre 2025 – Torino (Spazio 211)
6 dicembre 2025 – Livorno (The Cage)
17 dicembre 2025 – Roma (Monk)
18 dicembre 2025 – Bologna (Locomotiv)
19 dicembre 2025 – Bari (Officina degli Esordi)
20 dicembre 2025 – Lecce (Officine Cantelmo)

Pagina Instagram Dutch Nazari

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