Canzoni sull’alternativa è l’ultimo disco del cantautore Edoardo Chiesa (qui la recensione), che pesca tra ispirazioni e umori differenti. Lo abbiamo intervistato.

Come nascono le canzoni dell’album?

Le otto canzoni che si trovano all’interno del disco sono nate con la chitarra e la voce, senza troppa meditazione e calcolo. È stato un processo abbastanza spontaneo, scaturito dalla necessità di scrivere in italiano e dal suggerimento di una persona che un giorno mi ha messo una pulce nell’orecchio.

Mano a mano che le idee si concretizzavano, capivo che le canzoni avevano un legame e che tra loro c’era un certo equilibrio e così ho cominciato, traccia dopo traccia a registrare per loro i “vestiti” che poi hanno indossato.

Perché “Canzoni sull’alternativa”?

Il titolo deriva dal primo singolo “l’alternativa”, canzone in cui viene espresso direttamente un tema che ritorna spesso all’interno dell’album, quello delle scelte e del loro valore.

La sovraesposizione a scelte superflue e le innumerevoli possibilità che abbiamo qui oggi in occidente mi pare che spesso rischi di fare perdere di vista il senso delle cose, il valore delle radici.

Ho provato così , anche attraverso le immagini (vedi video) a porre degli interrogativi leggeri e pesanti, mescolando le carte senza la pretesa di dare risposte.

Facevi parte di una band, mentre ora gestisci in prima persona tutto quanto. Hai trovato difficoltà oppure si è trattato di un processo naturale?

Non ho trovato difficoltà, certo a volte è faticoso ma allo stesso tempo mi permette di gestire tutti gli aspetti legati al progetto con la mia testa e di imparare molto. Lavorare con una band è di certo interessante e stimolante, ma se gli obbiettivi e le intenzioni non sono le stesse per tutti i componenti diventa difficile.

Perché hai scelto, tu chitarrista, di “lasciare” l’assolo di “Mia Paura” a Marco Cravero?

Mia paura è un brano per me importante e Marco Cravero è un chitarrista che stimo molto e da cui ho imparato tanto. La sua chitarra ha creato una tensione senza la quale il brano sarebbe risultato più piatto, meno dinamico.

Il suono che ha tirato fuori dallo strumento deriva dalla volontà di contrapporlo rispetto a quello delle altre chitarre del disco, in modo da sottolineare la presenza di un commentatore esterno. È stato un piacere avere la sua chitarra su quel brano, lo ha reso completo e unico.

Mi puoi raccontare la genesi di “Queste quattro sfere sporche”?

È una canzone d’amore scanzonata. È nata da un giro armonico di chitarra e da una frase che mi è venuta fuori urlandoci sopra “..ma se tu mi dimentichi..” Da lì l’idea di raccontare un amore assoluto ma non per questo da dare per scontato usando come pretesto la mia distrazione e la mia pigrizia.

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